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Inter, Moratti: "Balotelli? Suo un suicidio pubblico"

Il presidente: "Va punito però resta...". Raiola: "Nel tunnel, Materazzi l’ha preso a calci".  E SuperMario: "Non è vero che non rido... Io sono sereno"

Inter, Moratti: "Balotelli? 
Suo un suicidio pubblico"

«Una brutta storia», aveva detto Mourinho martedì sera. «Un suicidio pubblico», ha rincarato la dose Moratti ieri. Per il pulcino nero non ci sono alibi di alcun tipo. Balotelli l’ha fatta grossa facendo infuriare mezzo mondo, compreso il presidente del Coni Petrucci. Ma come si permette? L’Inter batte con due gol di scarto il Barcellona che non subiva un simile passivo dai tempi di Noè, e lui rovina la festa nerazzurra con un comportamento da calci nel sedere? E non solo metaforicamente. Succede quando Materazzi lo ferma nel tunnel dicendogli «vai pure al Milan se ci tieni tanto...» e «lo prende a calci» ha aggiunto ieri a Telelombardia il procuratore del giocatore, Mino Raiola (che ha poi escluso che Mario si scusi). Stankovic l’ha invece paragonato ai suoi figli più grandi di 11 e 10 anni, un bambino. Il capitano Zanetti gli ha urlato di tutto perdendo l’abituale aplomb da gentleman. Un manipolo di tifosi, avvertiti da una gola profonda, s’è intrufolato nel garage interno e ha cercato di fargli la festa. E lui è stato costretto a rifugiarsi nel pullman prima di uscire in auto da San Siro fra i fischi e le manate di quanti non gli avevano perdonato l’indolenza in campo, il gestaccio contro la curva, il ripudio dei colori sociali. L’unico a prenderne le difese è stato l’ex compagno Ibrahimovic: «Non sapevo che avesse buttato via la maglia al fischio finale. Ho visto però Materazzi che a fine gara, invece di festeggiare la vittoria con la squadra, ha inseguito Mario nel tunnel e l’ha aggredito come non mi era mai capitato in tutta la carriera. Al posto di Mario lo avrei steso... ».

E adesso? La strategia della società è chiara. Basta riprendere le parole di Moratti: «Quello di Mario è stato un suicidio pubblico», il prologo. E poi: «È un ragazzo che ha le sue problematiche in cui non voglio entrare. Sicuramente prenderemo dei provvedimenti, l’importante è che si reintegri nella squadra e con il gruppo. Non è impossibile ricucire il rapporto con i tifosi. Sia chiaro che vogliamo tenerlo perché ha un talento straordinario». In soldoni l’Inter non può sacrificare sull’altare del giovanotto neanche un’oncia delle possibilità di vincere campionato e Champions League. Ecco perché Mourinho ha annunciato il suo impiego nel prossimo turno di campionato per lasciare a riposo Milito e Pandev che hanno fatto il pieno di acido lattico. In soldoni niente sospensione dalla rosa, ma multa salatissima, la più alta possibile in base ai regolamenti, con contorno di scuse vere, sentite, profonde nei confronti del popolo nerazzurro. Il d-day scatterà fra oggi e domani. O Balotelli si genuflette o rischia grosso di fronte a una tifoseria che a dir poco è infuriata ed è pronta a fischiarlo per tutta la partita con l’Atalanta. «Che chieda scusa e giochi», il diktat della società.

In due anni Mario non è cambiato d’una virgola. L’ad Paolillo ricorda come il ragazzo giocò di malavoglia la finale del campionato Primavera contro la Sampdoria dopo aver vinto lo scudetto dei grandi. Allora come martedì sera fu più di danno che di aiuto. A nulla portò un confronto con i dirigenti, a niente servì l’ammenda di prammatica. Balotelli non cresce, vive il calcio senza empatia, in modo drammaticamente autoreferenziale. Si ha l’impressione che non capisca la fortuna capitatagli addosso e che rischi di perdersi. «Se rido io che sono in una sedia a rotelle, perché non lo fa lui?», s’è chiesto lo sfortunatissimo Borgonovo, colpito dalla Sla, alla presentazione del suo libro. «Ma io sorrido, sono sereno e voglio diventare il più forte calciatore del mondo», la risposta di Balotelli. Che sia la volta buona? Intanto pensi al presente. In nessun’altra società troverà un presidente che lo coccola come Moratti e un tecnico che vuole insegnargli a stare al mondo come Mourinho. «Non c’è destino, ma soltanto dei limiti.

La sorte peggiore è subirli», scriveva Pavese in tempi non sospetti.

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