Caso Sallusti

La casta dei politici ricondanna Sallusti

La legge che cancella il carcere per i reati di opinione affossata dalla politica. Fini ha brigato dietro le quinte per affossarla come vendetta per il caso Montecarlo

Il direttore del Giornale Alessandro Sallusti
Il direttore del Giornale Alessandro Sallusti

Prima doveva essere un de­creto legge immediata­mente esecutivo, ma Monti e Napolitano han­no detto no. Poi si è passati alla via mediana di un provvedimento ap­provato dalle commissioni di Sena­to e Camera saltando le lungaggini dell’aula. Adesso neppure quello. La legge che cancella la vergogna del carcere per i reati di opinione è stata di fatto affossata ieri da una politica incapace ormai di tutto, anche di mettere in pratica ciò che a parole di­ce di voler fare. Non è una novità. E non ne faccio un caso personale, an­che se questo vorrà dire andare pre­sto in carcere per quattordici mesi. Così come difendo la libertà di noi giornalisti di fare ciò che in coscien­za sentiamo, altrettanto riconosco ai politici, che devono rispondere non a noi ma agli elettori. Se così fos­se avrebbero tutto il mio rispetto. Il fatto è che così non è, lo dicono i fatti. Da un minuto dopo la condanna, il presidente della Camera Gianfranco Fini e la sua avvocatessa Giulia Bongiorno, presidente della com­missione Giustizia, hanno brigato dietro le quinte per affossare la legge salva Sallusti come vendetta perso­nale per il caso Montecarlo ( rimasto tutt’ora senza colpevoli). Di Pietro idem, nonostante a parole garantis­sepersonalmenteilcontrario. Larot­tamanda Finocchiaro, capessa sac­cente dei senatori Pd ( quella che si fa fare la spesa dalla scorta di Stato), non ha neppure avuto il coraggio di dichiarare la sua contrarietà, nel Pdl è stato un fuggi fuggi di colonnelli e colonnelle allo sbando che non ve­dono l’ora di liberarsi di me.
Posso rimanere io, personalmen­te a professionalmente, appeso al­l’ipocrisia di questi mediocri che ho pure, come tutti voi, mantenuto per anni pagandogli con le mie tasse amanti, vacanze e vizi vari? Direi di no, non supplico, non mi inginoc­chio né umilio. Sapete che c’è, cari politici? Lasciate perdere, andate tutti a quel paese, non voglio essere salvato da gente come voi. Siete alla stessa stregua di quei due giudici che in malafede, e per potermi arre­stare, mi hanno appiccicato l’eti­chetta infame di «persona social­mente pericolosa» edegliautorevoli colleghi di altre testate che in queste settimane non hanno speso un rigo né una parola per difendere una li­bertà che oltre che mia è anche loro.
Mavadooltre, eaquestopuntode­nuncio una omissione di atti d'uff­i­cio da parte della Cassazione e della Procura di Milano che a distanza di settimane dalla sentenza, adifferen­za di quanto avviene per un cittadi­no qualunque, ancora non mi han­no notificato l’ordine di carcerazio­ne. Come mai un trattamento di fa­vore non richiesto? Cosac’è,vivergo­gnate di quello che avete fatto? Co­raggio, tirate fuori le palle, e soprat­tutto non fate giochini strani sulla mia pelle. Devo scontare quattordi­ci mesi, non quattordici più questo tempo che mi fate passare nel limbo dell’incertezza,che è condanna an­cora più grave.

Almeno su questo sia­te giusti e leali.

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