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La favola convincente della famiglia felice

Barack celebra nel primo discorso una delle sue armi migliori: "Michelle, io e l'America innamorati di te"

La differenza la vedi subito dai baci. Non hanno mai convinto i baci di Romney alla moglie Ann. Così educati, posati, a favore di telecamera. Gli Obama no. Hanno sempre dato agli altri l'idea positiva di famiglia. Forti perché uniti. Apparenze o no, non è talento da consiglieri. Loro suggeriscono mosse e frasi da dire, mani composte davanti al pubblico. Il carisma invece ce l'hai o non lo impari mai. Michelle e Obama sono perfetti insieme e insieme funzionano di più. Quattro anni dopo Barack ormai è brizzolato e ha quasi perso la voce. Chiude la sua ultima faticosissima campagna elettorale e una lacrima gli ha solcato il viso. Ieri un'altra. Obama è stanco e Michelle è stata l'àncora di un presidente a tratti smarrito. È lei che in questi anni lo ha traghettato a riva, e non solo a parole e pacche sulle spalle. Con le sue campagne a favore del cibo sano, delle vedove di guerra, ha aiutato il marito a recuperare il voto femminile, cruciale anche in questa elezione. E in questi mesi ha percorso in lungo e in largo tutta l'America per la causa. Fino all'ultimo, il più importante e trascinante discorso, quello di Charlotte. Obama lo sa e mostra tutta la sua gratitudine per questa seconda vittoria che va prima di tutto a lei. Al suo asso.
«Non sarei l'uomo che sono oggi senza la donna che vent'anni fa ha accettato di sposarmi, lasciate che lo dica pubblicamente: Michelle, non ti ho mai amato tanto». Lacrime e applausi, e commozione dilagante tra i 10 mila presenti al palazzetto del McCormick Place di Chicago. Le donne soprattutto, sono le più intenerite. La favola di Barack e Michelle, giovani avvocati squattrinati innamorati vive ancora tra la soddisfazione della gente. «Non sono mai stato più orgoglioso di vedere il resto della Nazione innamorarsi di te come first lady del nostro Paese», ha detto ancora Obama. È da poco passata la mezzanotte quando la famiglia Obama sale sul palco. Ci sono anche Sasha e Malia di 11 e 14 anni. Le guarda e negli occhi c'è tutto l'orgoglio di padre che si commuove. «State crescendo e diventate due giovani donne, forti, intelligenti e bellissime, come vostra madre, e io sono orgoglioso di voi».
Si confrontano le foto, 2008, 2012. Sono sempre loro, con quell'imperturbabile aria vincente. Tutti e quattro, uniti e in sintonia. Mano nella mano, tutti insieme, come una corda, una barriera. Il mondo è sempre fuori. Malia ha raggiunto quasi il padre. È ormai una adolescente. E anche Sasha, la piccola di casa, non è più una bambina. Quando salgono sul palco del McCormick Center, attorno al padre, si guardano attorno circospette. Erano bambine nel 2008 quando le due sorelline erano salite, timide e sorridenti per la prima volta sul grande palco. Sembravano ancora più piccole quando sgambettavano vicino a quella coppia così alta e imponente. Sono diventate grandi con i riflettori puntati, l'infanzia e l'adolescenza, alla Casa Bianca. «Ve lo dico subito - ha scherzato il papà- direi che un cane solo basta». Quattro anni fa aveva promesso alle figlie un cane, era arrivato Bo, un regalo del senatore Edward Kennedy. Le battute e l'apprensione.
Non deve essere stato facile per le due bambine. Il trasferimento a Washington, amici e scuola nuova. I fotografi, i curiosi, gli impegni dei genitori, la tensione, gli sforzi di Michelle per dare loro una vita il più normale possibile: «Possono andare a dormire dalle amiche, ha spiegato Obama, allo shopping, al cinema, alle feste della scuola». Oggi le bambine sono ragazze più consapevoli e addirittura più posate di allora. Come loro Chelsea Clinton, che alla Casa Bianca è diventata grande.

Obama le guarda e sorride, parla il cuore di padre: «Qualunque giovanotto abbia il coraggio di superare il Servizio Segreto, si merita di essere ascoltato».

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