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La leggenda (infranta) del santo corridore

Dannazione, mi si è ristretto il mito. Ci abbiamo messo anni a costruirlo. L'eroe buono, a quanto pare è uno spietato assassino

La leggenda (infranta) del santo corridore

Dannazione, mi si è ristretto il mito. Ci abbiamo messo anni a costruirlo, tassello dopo tassello, aggettivo dopo aggettivo, sviolinata dopo sviolinata. Pistorius più forte dell'handicap, Pistorius più forte del destino, Pistorius più forte di tutto e di tutti. Si dice sempre che abbiamo un disperato bisogno di storie così, capaci di ispirarci buoni sentimenti e di riconciliarci con la vita. Tra tutte le storie, questa era la storia perfetta. Ma improvvisamente ci cade dalle mani e va in mille schegge. L'eroe buono, l'eroe giusto, l'eroe totale: che cosa incredibile, a quanto pare è uno spietato assassino.

Il problema generale, a questo punto, è risistemare l'armonia sfasciata delle nostre certezze: come conciliare il Pistorius mito assoluto con il Pistorius giustiziere della fidanzata, giovane ragazza che si aspettava una grande sorpresa per San Valentino?

Nella sorpresa e nello sgomento generale, parte il contropiede della rappresaglia: Pistorius diventa seduta stante il bugiardo traditore, il peggiore degli uomini. Si è servito della nostra ingenuità, della nostra soave benevolenza, per inventarsi altro dall'individuo che in realtà è, spregevole e malvagio. Già che ci siamo, in sede di verdetto aggiungiamo il briscolone: è pure un handicappato, come ha potuto arrivare a tanta falsità, come ha potuto speculare così sulla sua disgrazia?

Anche se il finale tragico della bella favola ci destabilizza, almeno può aiutare a ricomporre un po' di sane verità. Purtroppo, servono degli spari nel buio per riscoprire ancora una volta che i nostri miti sono di polistirolo. Li costruiamo e li idolatriamo con troppa disinvoltura, a testa bassa, perdendoci ogni volta per strada il senso della misura. Basta che un uomo giochi benissimo a calcio, canti bellissime canzoni, dipinga quadri sublimi, diriga grandi film, basta che emerga grazie a un suo inarrivabile talento perchè subito venga trasformato in Uomo totale, nell'archetipo della creatura buona, bella, simpatica, generosa, intelligente e via con l'intero arco costituzionale delle virtù. Figuriamoci se questo essere superiore batte pure l'handicap.

Ma la realtà si conferma ogni volta un po' diversa: i grandi miti nascondono nel privato grandi miserie e grandi debolezze, come il resto dell'umanità che li venera. Uguale alchimia. L'idea stessa che l'handicap trasformi un essere umano in un santo è una solenne cretinata. Bastasse un handicap per farci perfetti, l'handicap sarebbe un'enorme fortuna. Invece non è così. La vita è più complessa. Ci sono handicappati capaci di cose valorose, ci sono handicappati capaci di cattiverie inaudite. Il discorso è universale, riguarda tutte le nostre mitizzazioni buoniste: ci sono neri simpaticissimi e ci sono neri odiosi, ci sono gay stimabilissimi e ci sono gay insopportabili, ci sono immigrati amabili e ci sono immigrati cialtroni.

Accettare il cocktail di grandezza e di miseria dentro i singoli individui è il primo passo di un vero umanesimo. A quel punto, non è più necessario illuderci con i modelli artificiali di perfezione. Pistorius è e resta un mito dello sport, niente di più e niente di meno.

A farlo santo ed eroe è il nostro banale conformismo, non l'handicap.

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