Dimissioni Papa Benedetto XVI

L'ultima settimana da Pontefice per sfidare la Curia

Sette giorni di confronto con i prelati per tentare la riforma che manca. E dopo nascondersi al mondo

L'ultima settimana da Pontefice per sfidare la Curia

Roma - L'ha anticipato lui stesso: «Nascosto al mondo, ritirato in preghiera». Così vivrà Benedetto XVI dal primo marzo dopo la Grande rinuncia. Un destino che Joseph Ratzinger in qualche modo si è regalato in anticipo. Perché l'ultima settimana da Papa, gli ultimi momenti nei pieni poteri di successore di Cristo, li passerà nascosto, ritirato, in preghiera.
Da ieri sera il pontefice ha annullato tutti gli impegni, udienze e appuntamenti pubblici. Alle 18 sono cominciati gli esercizi spirituali per la Curia romana, una scadenza tradizionale che coincide con l'inizio della quaresima, il periodo di penitenza in preparazione di Pasqua. Il Papa si sottrae alla vita pubblica e si chiude in silenzio con quella che molti hanno additato come la sua grande nemica, la Curia, gli uomini di governo del Vaticano e della Chiesa.
In Curia si sono creati alcuni dei problemi che più hanno ferito Ratzinger in questi otto anni: le fughe di documenti dello scandalo Vatileaks, la sconcertante gestione dello Ior (l'istituto per le opere di religione), le resistenze nell'affrontare di petto i casi di pedofilia tra il clero, le rivalità e le lotte di potere tra porporati.
Ratzinger conosce perfettamente la Curia romana. Era il 1981 quando Giovanni Paolo II lo chiamò, da Monaco di Baviera, a guidare la Congregazione per la dottrina della fede. Ventiquattro anni da capo di uno dei pilastri della Santa Sede e altri otto da papa. Il mercoledì delle Ceneri, dopo le messa solenne e austera di inizio quaresima, Benedetto XVI avrebbe confessato ad alcuni cardinali che un suo grande rammarico è proprio di non essere riuscito a riformare la Curia.
L'ultima settimana da papa potrebbe essere l'occasione della riforma più profonda. L'ultima occasione. Il pontefice e la Curia assieme, in silenzio e in meditazione, ognuno davanti a Dio «esaminando la propria coscienza», come ha detto Ratzinger annunciando l'abdicazione. Il cardinale Gianfranco Ravasi (foto) avrà il compito di guidare le riflessioni. Tre meditazioni al giorno, ciascuna di mezz'ora, centrate sui Salmi, già pronte per diventare un libro. Il Papa avrà soltanto una breve pausa di lavoro, prima di pranzo, quando il segretario monsignor Georg Gaenswein gli sottoporrà - se ce ne saranno - poche carte da firmare. Il resto è silenzio.
Su tutti regnerà la grande, drammatica domanda che Ratzinger ha pronunciato ieri mattina dalla finestra dello studio prima dell'Angelus: «Nei momenti decisivi della vita, ma, a ben vedere, in ogni momento, siamo di fronte a un bivio: vogliamo seguire l'io o Dio? L'interesse individuale oppure ciò che realmente è bene?». Benedetto XVI non ha attuato una riforma organica della Curia, ma ha sempre ricordato a tutti - collaboratori compresi - il nucleo della fede: «Rimettere Dio al centro della nostra vita», come ha ripetuto ieri.
Il calendario di fine pontificato fa trapelare una trama misteriosa. Il Papa ha dato l'annuncio il giorno delle apparizioni di Lourdes e alla vigilia della quaresima, il tempo della penitenza che si apre con l'imposizione delle ceneri. Il successore verrà eletto in questo periodo penitenziale, che è l'aggettivo più spesso usato per definire gli otto anni di Ratzinger papa. E prima di lasciare, Benedetto XVI rinchiude per una settimana se stesso e i curiali non a concepire riforme o cercare mediazioni «buoniste» tra uomini di potere. Egli scommette ancora una volta sulla libertà di ognuno e sulla loro adesione a Dio, li sfida al rinnovamento interiore e ripartire da Dio.
Ratzinger terminerà gli esercizi spirituali sabato mattina. Poi vedrà il presidente Giorgio Napolitano. Domenica reciterà l'ultimo Angelus dallo studio al quarto piano dei Palazzi apostolici. Mercoledì si congederà dal popolo cristiano in piazza San Pietro. Giovedì mattina saluterà i cardinali. E alle 17 salirà sull'elicottero che lo porterà nel volontario esilio di Castelgandolfo.

Ciò che poteva fare, come ha confessato al giornalista Peter Seewald, l'ha fatto.

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