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L'uomo imperfetto nell'atleta perfetto

Campione di velocità e di determinazione, diventato famoso per entrambe. Ma dietro c'era un lato oscuro

L'uomo imperfetto nell'atleta perfetto

Una vita da diversamente unico finisce con un colpo di pistola. Non sarà più la stessa. Non sarà più lo stesso. Racconta la fiaba di un ragazzo con il sorriso sulle labbra, una vita da oscar nel suo indomito lottare inseguendo un sogno. Oscar Pistorius ha imparato a essere senza gambe praticamente da quando è nato. Gliele amputarono sotto il ginocchio a 11 mesi. Ma da quel momento, conscio e inconscio lo hanno condotto a cercare la via più breve per sentirsi unico. Ma non diversamente dagli altri. «Sei abile per le abilità che hai», il suo racconto di vita sta racchiuso in questa frase, sorta di grido di battaglia. Raccontata a grandi e bambini, a gente senza gambe come lui, ma anche a quelli perfettamente dotati. Gli altri lo vedevano senza gambe più di quanto se ne accorgessero i genitori. Oscar, metti le protesi. Lo diceva la mamma con la naturale dolcezza di una donna che sapeva di far male a se stessa. Non era come dire all'altro fratello: metti le scarpe. Ma quello era il modo per sconfiggere la natura, vivere nel sogno, inseguire la realtà. A 7 anni Oscar gioca a calcio. A 11 anni si prova nella squadra di tennis della sua regione. Ci tenta con il rugby e il cricket. Di tutto un po' per non darla vinta ai moncherini.
La solitudine del diversamente abile diventa la solitudine di un orfano di madre. Mamma Sheila se ne va per una strana forma di allergia ai farmaci. La vita bastona, ma lo sport diventa davvero la sua vita. Le protesi in carbonio lo aiutano a vincere contro natura, contro la sua natura: correre senza gambe. Pistorius è diventato un simbolo, un personaggio, un atleta vero per i diversamente abili e per i normodotati, un investimento per i pubblicitari. Prima delle olimpiadi di Londra si contavano in più di due milioni di euro i danari versati dagli sponsor. Sorriso e protesi erano il simbolo di un successo da sventolare. A 17 anni acchiappa il primo sogno, atleta fra gli atleti alle Paraolimpiadi. Vince l'oro nei 200 metri. Ed anche il bronzo nei 100. Comincia la storia del diversamente unico che vola su quei trampoli in carbonio. Ha la faccia di un ragazzo pulito, il fisico da atleta dotato, feroce esploratore di una frontiera. Non si pone limiti: voglio correre le olimpiadi con quelli che hanno le gambe, dice un giorno. Scherzava? Macché! Non può, non lo consentono i regolamenti. Eppoi quelle protesi, sono doping, sembrano doping. Il mondo dell'atletica, ma tutto il mondo dello sport, si divide: può? Non può? Perché sì? Perché no? Perde la causa, eppoi vince. Intanto corre e va forte. Fa tempi da mettere invidia a chi ha le due gambe. In meno di dieci anni ottiene tutto ciò che vuole. Con quel sorriso? No, con quelle gambe. Gira il mondo, lo chiamavano Blade runner, poi basta Pistorius. Corre con il Sudafrica ai campionati del mondo dei normodotati. Il più incredibile dei record vissuti dall'atletica. Bastava partecipare, non vincere. Arriva in semifinale nella gara individuale dei 400 metri, si qualifica per la finale con la staffetta 4x400 anche se non gliela fanno correre. La squadra vince la medaglia d'argento, lui andrà sul podio con gli altri. C'è qualcosa di fantastico e irreale in tutto questo. Forse solo la verità sintetizzata in una frase. «The fastest thing on no legs», la cosa più veloce senza gambe.

Ai giochi di Londra, Pistorius in pista e la gente in piedi. Il campione del mondo dei 400 metri, Kirani James, che gli chiede la maglia come un tifoso al suo idolo. Oscar è il sorriso di un mondo. La gente lo guarda cosi: in maglietta e protesi. La tv evita di focalizzare i primi piani sui moncherini. In pista è un fenomeno. Nella vita un ragazzo che corre veloce in auto, che ha avuto momenti di debolezza e follia. Nel febbraio del 2009 un incidente in motoscafo: la barca sul fiume Vaal, vicino a Johannesburg, va a sbattere contro un pontile semisommerso. Rischia di morire affogato, lo salva un amico. Finirà con qualche ferita e qualcosa da spiegare a se stesso e al mondo. Poi quell'altra volta quando una donna lo accusa di aggressione. Un poliziotto lo porta in commissariato e lui riesce a uscirne spiegando che quei due, la donna e il poliziotto, erano d'accordo: bassa invidia. Oscar aiuta i bambini e i poveri. Ha fatto dell'Italia una seconda patria di allenamento. Nel suo quotidiano si infilano storie belle e altre oscure. Non può essere un campione perfetto. Rimane un uomo imperfetto.

Ma forse stavolta ha perso le gambe.

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