"La polizia odia i giovani". Così i centri sociali fomentano le piazze alla violenza

Screditano la polizia e cercano appoggio politico, aizzano e fomentano gli animi in attesa della manifestazione successiva per aumentare il livello di scontro: sono i collettivi studenteschi, spesso legati ai centri sociali cittadini

"La polizia odia i giovani". Così i centri sociali fomentano le piazze alla violenza
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Nelle università italiana è iniziata "l'intifada degli studenti", che altro non è che il campeggio di alcune decine di figli di papà che hanno piazzato le tende nelle aree comuni degli atenei, guidati da un manipolo di esponenti della comunità musulmana. Vogliono fare la rivoluzione, pretendono che le istituzioni si inchinino alle loro richieste, cercano di imporre il proprio pensiero e chi se ne frega della democrazia. Sono una minoranza, molto rumorosa e violenta, ma pur sempre una minoranza, che tenta di sopraffare la maggioranza. E come fare, se non con la violenza? Nei campus americani, dove non si va troppo per il sottile e non ci sono politici che si stracciano le vesti se gli agenti fanno il loro lavoro, i campus sono stati sgomberati con le maniere decise, quando non è stato possibile con la diplomazia. In Italia, invece, i collettivi cercano lo scontro con la polizia nella consapevolezza di trovare comunque una sponda politica.

L'ultimo tentativo di fomentare gli animi e dare fuoco alle ceneri, per caricare il risentimento dei giovani e dei manifestanti nelle prossime occasioni, proviene da Askatasuna. Non una novità, visto che il centro sociale più violento di Italia, che il comune di Torino voleva legalizzare, è ben noto per causare disordini e guerriglia civile. Stavolta usa la sua costola giovanile, il Ksa, per attaccare frontalmente i poliziotti. "La polizia odia i giovani", è il messaggio scritto a caratteri cubitali nella card condivisa sui social, dove il collettivo di Askatasuna fa quel che sa fare meglio: vittimizzarsi. Si lamentano di avere, come giovani in Italia, una vita complicata, si lamentano di subire "una crescente stigmatizzazione", di vivere in condizioni sociali e di studio avverse e, poveri pargoli, "oltre a tutto ciò negli ultimi mesi abbiamo assistito ad un inasprimento della violenza poliziesca e delle intimidazioni".

Certo, perché tentare di forzare i blocchi di polizia, di provocare gli agenti deviando i cortei dai percorsi autorizzati, sputare e insultare le divise, è ciò che fanno tutti i bravi ragazzi. Ma, secondo anche quanto sostiene una certa politica, "sono solo ragazzi". E allora ecco che questi giovani sfruttano gli spazi di condiscendenza e di "mammacocchismo" di certa politica per allargare le pretese e tentare di screditare la polizia. "La polizia odia i giovani e le istituzioni non vogliono ascoltare la loro voce, tenendoli ben distanti… A distanza di manganello", accusano i giovani del centro sociale, che vogliono mettere a paragone la gestione delle forze dell'ordine italiane dei disordini con quelle americane. Un paragone che non sta in piedi e basta vedere le immagini per capirlo. Ma in questi comunicati si entra nel campo della propaganda militante e del proselitismo, che non hanno nulla da spartire con la realtà. Parlano di "giovani disarmati" che però usano bastoni, mazze da baseball e manici d'ascia come supporti per bandiere, da usare all'occorrenza nelle cariche. Per non parlare dei calci e dei pugni che vengono chiaramente sferrati contro gli agenti.

Ma l'elemento più grave di tutta questa vicenda è che le dichiarazioni di molta politica, a tutti i livelli, a seguito degli scontri di Pisa, ha fatto consolidare la convinzione in questi giovani di essere legittimati a fare tutto. Si sentono tutelati da uno scudo politico, pronto ad attivarsi a seguito di ogni manifestazione e di ogni scontro da loro provocato, per pura ideologia. Perché troveranno sempre qualcuno pronto a puntare il dito contro la polizia, facendo così il gioco di chi, come i centri sociali, mira al disordine sociale e allo scontro per innescare la guerriglia urbana, devastare le città, rubare e compiere atti di vandalismo nell'impunità.

"Questi giovani hanno bisogno di studiare ancora un po', formazione e cultura consentono di crescere in modo libero. La polizia non è la controparte di nessuno, il nostro compito è quello di garantire a tutti di manifestare liberamente e di esprimere il proprio pensiero", è la replica di Stefano Paoloni, segretario del sindacato di polizia Sap, a il Giornale. "Invitiamo questi ragazzi ad approfondire la nostra Costituzione e il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, all’interno dei quali troveranno certamente gli strumenti per esercitare liberamente i loro diritti senza violare le regole.

Non si facciano trascinare da chi non è animato da sentimenti genuini e utilizza la loro buona fede per fini strumentali", ha aggiunto il sindacalista, sottolineando che il rispetto si deve a tutti, anche alle divise.

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