Cultura e Spettacoli

Sanremo diventa il festival dell'Unità

Gli ospiti della kermesse sono tutti anti Cav: una settimana di comizi a ridosso delle elezioni

Sanremo diventa il festival dell'Unità

Ti pareva. La vigilia è già avvelenata. Non bastavano le elezioni a inquinare questo febbraio senz'arte né parte. Lo scaricabarile sulle tasse, i papillon di Giannino e le adozioni dei cagnolini in diretta tv.

No, ci volevano anche le polemicazze per il più grande Festival che inizia dopo il week end. Ieri il sito Dagospia ha pubblicato un succulento retroscena secondo il quale il direttore di Raiuno Giancarlo Leone, dirigente di lungo corso di viale Mazzini in quota Udc e un considerato inviso al Cav, avrebbe preparato un menù festivaliero come dire, assai «empatico» nei confronti del Pd. Un bel favore, alla vigilia del voto. Che, sempre secondo il sito di D'Agostino, a vittoria elettorale conquistata dal ticket Bersani-Monti, verrebbe ricambiato con la nomina alla direzione generale del figlio dell'ex presidente Giovanni. Come si dice: a pensar male si fa peccato, ma...

In attesa di smentita, però possiamo dare un'occhiata al parterre dell'Ariston capitanato dalla coppia regina Fazio-Littizzetto, il veltronismo fatto tv. Di Saviano, invece, finora non si hanno notizie: ma hai visto mai che... Poi gli ospiti: Neri Marcorè, Serena Dandini, Claudio Bisio, Nicola Piovani. Notizia dell'ultima ora, in avvicinamento è dato anche Maurizio Crozza. Roberto Benigni invece no. Ha declinato, nonostante le insistenze che lo inseguono da un paio di mesi e gli auspici del Fatto quotidiano. Non sempre i desideri diventano realtà.

Comunque, anche senza di lui ce n'è abbastanza. Anche perché, sebbene, piccolo particolare, si sia sempre nell'imminenza dei suffragi, le altre reti, quelle per così dire più politicamente impegnate, hanno scelto di inchinarsi piallando i propri palinsesti. La7, cancellando Santoro (chissà come sarà contento), la Bignardi e lo stesso Crozza, Raitre spostando Ballarò. Anche Mediaset slitterà di una settimana i suoi programmi di punta, ma qui si tratta di fiction e del varietà della De Filippi. Un anno fa, tanto per rinfrescarci la memoria, non era accaduto.

Insomma, fate largo signori, il carrozzone ex-nazionalpopolare rivisitato in salsa politicamente corretta va a cominciare. Non a caso l'interrogativo più gettonato di questa prevedibilissima vigilia (spostare la kermesse dopo le urne era proprio così impossibile?) è il seguente: la sessantatreesima edizione del Festival della Canzone italiana di Sanremo sarà più un «sottoprodotto del Primo Maggio» (Anna Oxa dixit) o un Festival delle larghe intese?

Un Festival dell'Unità o una kermesse del governissimo? Forse né questo né quello. Sanremo - come gli assetti di vertice di Mamma Rai - ha sempre anticipato i cambiamenti del Paese. Ma vista la campagna elettorale in corso le larghe intese, roba del governo tecnico, sono in archivio da un po'.

Piuttosto l'interrogativo giusto si restringe all'area Bersani-Monti. Il prossimo Festival sarà di centrosinistra o di sinistracentro? Nel primo caso Giancarlo Leone potrebbe essere il nome giusto. Nel secondo, l'uomo forte sarebbe Walter Veltroni, da tempo pronto a paracadutarsi sul settimo piano di viale Mazzini. In entrambi i casi, comunque l'abbinata Leone direttore generale, Veltroni presidente sarebbe perfetta. E il gioco delle coppie rispettato. Fazio-Littizzetto, Leone-Veltroni, Bersani-Monti.

Et voilà, rien ne va plus.

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