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Se i tori al macello hanno più cervello dell'uomo ubriaco

Al tradizionale encierro di Pamplona 21 feriti per la calca. Strage evitata, ma solo perché gli animali non hanno caricato

Se i tori al macello hanno più cervello dell'uomo ubriaco

In Spagna ogni orrore ha il suo patrono, un santo inconsapevole e sicuramente poco felice di essere venerato nei giorni in cui animali, che nulla gli hanno fatto di male, subiscono le torture più orrende. Nelle feste sanguinarie del popolo spagnolo, gli animali usati sono i più vari: bovini, ovini, asini, cani, gatti, conigli, galline, oche. L'elenco è infinito, ma, se comprendiamo la corrida, sono sicuramente i bovini a rimetterci le penne in modo orribile, uccisi col ferro e col fuoco, mentre bocche sgangherate ridono invocando il santo o la madonna di turno, storpiandone il nome con la lingua che si arrotola per la troppa sangria e i fiumi di cerveza (birra) che scorrono nelle gole riarse dal caldo. Ma la religione serve a coprire il business di bovini ormai inutilizzabili nelle corride e nella riproduzione, che diventano utili ad allevatori e commercianti per riciclare «gli scarti».
Siamo ormai all'ultimo giorno di una delle feste più lunghe e più famose di tutto il mondo. Basta citare Pamplona, capoluogo della comunità autonoma di Navarra, perché chiunque corra immediatamente alle immagini che le televisioni diffondono dal 6 al 14 luglio, quando nella città fondata da Pompeo si svolgono Los Sanfirmines, le feste in cui ogni giorno si svolge l'encierro, ovvero la corsa dei tori che per 825 metri sgroppano liberi, mentre una folla di gente da ricovero coatto li precede e li affianca cercando di non farsi incornare o pestare o stringere contro un muro.
Nei minuti prima dell'encierro, i partecipanti venerano il santo di turno, il povero Firmino, decapitato nel 303 ad Amiens dove i francesi non apprezzarono il suo fervore religioso. Cantano per il loro patrono in catalano e basco «A San Firmino, il nostro patrono, chiediamo che ci guidi nell'encierro dandoci la sua benedizione».
Va da sé che, ogni anno, i feriti sono numerosi e qualche volta ci scappa il morto, come accadde nel 2009. Quest'annno l'encierro di ieri è stato uno dei più drammatici. I «corredores», vestiti di bianco e con il fazzoletto rosso, nel fuggire inseguiti dai tori, hanno cominciato a cadere davanti all'entrata dell'arena e, complice una porta che non si è aperta, hanno formato una sorta di barriera umana, posta sul percorso finale dei tori che sopraggiungevano a tutta velocità. I tori hanno mostrato molto più raziocinio di loro, non caricandoli, altrimenti sarebbe stata una tragedia. Il bilancio invece è «solo» di ventun feriti lievi, quattro gravi ricoverati in ospedale e uno in prognosi risrevata.
Iruña (Pamplona in basco) conta circa 200.000 abitanti che diventano un milione e mezzo durante Los Sanfirmines. In questo periodo Pamplona si ferma, tutti i negozi sono chiusi e rimangono aperti solo bar, ristoranti, alberghi e discoteche. Le giornate sono calde e le notti lunghe, passate tra canti, balli e colossali bevute.
L'alcol è un viatico importante per disinibire i centri cerebrali e affogare la paura che si fa sentire quando un toro di mezza tonnellata si stanca di essere pungolato, di scivolare sul terreno di strade strette e di spaccarsi muscoli e ossa contro il muro delle case che sporgono sul percorso e, rimasto solo, si accorge di te, che agiti il fazzoletto con minore convinzione ora che ce l'hai davanti, mentre sbuffa e abbassa le corna. E se non ti ritrovi all'ospedale, ti ritrovi in albergo a cambiarti le mutande che emanano un puzzo insopportabile, anche per i tori. San Firmino, dacci la tua benedizione.

E un cambio di mutande pulite.

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