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Svolta storica: tra Russia e Cina alleanza sul gas

Mentre fa flop la politica asiatica di Obama, Mosca e Pechino unite dall’espansionismo

Il presidente russo Vladimir Putin e il presidente cinese Xi Jinping dopo la firma dei documenti
Il presidente russo Vladimir Putin e il presidente cinese Xi Jinping dopo la firma dei documenti

Putin ha centrato con stupefacente rapidità il suo obbiettivo di rispondere alle sanzioni e al crescente ostracismo occidentali seguiti alla crisi ucraina con un più stretto rapporto con Pechino. In occasione del suo settimo incontro con il presidente Xi, ha concluso un contratto per la fornitura di metano dalla Siberia alla Cina che era in discussione da dieci anni e che crea un legame - non solo economico - tra i due Paesi quale non esisteva più da oltre mezzo secolo fa: la Russia fornirà ai cinesi 38 miliardi di metri cubi di gas siberiano l'anno tra il 2018 e il 2048. Sebbene il prezzo convenuto sia stato mantenuto segreto, gli esperti calcolano che il contratto valga dai 400 ai 450 miliardi di dollari in trent'anni, forse un po' meno di quanto la Gazprom aveva chiesto in origine. Ma, sul piano politico, per la Russia vale molto di più. In un momento in cui l'Europa, finora sua principale cliente e dipendente da lei per circa un terzo del fabbisogno, cerca di diversificare le proprie fonti con le rinnovabili e lo shale-gas americano, il Cremlino le ha dimostrato di potere, a sua volta, trovare altri sbocchi per i suoi prodotti. Inoltre, ha consolidato una alleanza che si era già manifestata in varie situazioni al Consiglio di Sicurezza (Siria, Iran e, ultimamente, Crimea, su cui Pechino si è astenuta), ma che ora è anche caratterizzata da una eguale politica espansionistica, in cui i due Paesi si tengono reciprocamente bordone. In Europa, la Russia cerca, ignorando trattati e confini, di allargare la propria influenza a tutte quelle repubbliche dell'ex Urss - Ucraina, Georgia, Moldavia - che aspirano a entrare nell'orbita occidentale. In Asia la Cina sta rivendicando, con eguale disinvoltura, la sua presunta supremazia su tutti i miniarcipelaghi del Mar Cinese orientale e meridionale strategicamente importanti e ricchi di idrocarburi e di pesce, entrando in conflitto con il Giappone per le Senkaku, con il Vietnam per le Paracel e con Filippine e Malaysia per le Spratly.

La ricostituzione di un asse Mosca-Pechino, dopo la clamorosa rottura tra Mao e Krusciov negli anni Cinquanta, il riavvicinamento tra Cina e America nell'epoca Nixon-Deng e l'aperto conflitto sulla frontiera dell'Amur rappresenta una grossa novità sulla scena geopolitica mondiale e, indirettamente, uno smacco per gli Stati Uniti.

In un famoso discorso di due anni fa Obama aveva annunciato che il focus della politica estera americana si sarebbe spostato gradualmente dall'Europa all'Asia, ma, salvo un consolidamento dei rapporti con il Giappone, i risultati sono stati abbastanza scarsi. Invece Putin, che aveva espresso propositi simili appena tre giorni or sono, sottolineando che la Cina era ormai diventata la prima potenza economica mondiale, ha fatto seguire subito i fatti alle parole. Sembra che oltre al contratto sul metano, Putin e Xi abbiano concluso altri accordi economici mantenuti riservati, tra cui un cofinanziamento cinese al ponte sullo stretto di Kerc che i russi devono costruire per avere un accesso via terra alla Crimea. Certo, non tutti i contenziosi sono stati risolti: ma è molto significativo che gli accordi di Shanghai siano stati raggiunti in un momento in cui entrambi i Paesi hanno rapporti molto tesi con Washington, Mosca per l'asilo concesso a Snowden e l'annessione della Crimea, Pechino per la sua aggressività nei confronti dei vicini e - da 48 ore - per la clamorosa accusa di spionaggio industriale cibernetico lanciata dalla Casa Bianca contro cinque alti ufficiali dell'esercito popolare.

Ora che ha dimostrato che l'isolamento della Russia è una chimera, Putin tornerà senza dubbio a operare anche sul fronte europeo, dove (anche qui creando un precedente storico) può contare su un crescente numero di estimatori nei partiti di destra che con più fermezza si erano opposti all'Urss. Per ora, egli sembra avere rinunciato a separare le province russofone dell'Ucraina da Kiev e ha dato segnali di non osteggiare più le elezioni presidenziali di domenica, che dovrebbero essere comunque vinte dall'oligarca Poroshenko, con cui ha avuto buoni rapporti in passato.

E il 6 giugno, salvo sorprese, farà la sua comparsa in Normandia alle celebrazioni per il 70° anniversario dello sbarco alleato, per confrontarsi direttamente con Barack Obama e Angela Merkel.

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