«Io premier della moda? Per ora sto bene a Firenze»

«Io premier della moda? Per ora sto bene a Firenze»

Raffaello Napoleone è diventato amministratore delegato di Pitti nel 1993 dopo esser stato per quattro lunghi anni il direttore generale di quella che a tutti gli effetti è un'importante azienda fiorentina. Le sue capacità manageriali sono fuori discussione e non solo perché il fatturato in questi anni è passato da una decina di miliardi di vecchie lire agli attuali 33 milioni di Euro. Infatti il vero merito di «Raffi» (così lo chiamano amici e collaboratori provocandogli ogni volta un lampo di divertimento misto a disapprovazione negli occhi) sta nell'aver trasformato le manifestazioni di moda a Firenze in grandi happening internazionali, con Pitti Uomo - il più importante salone al mondo di abbigliamento e accessori maschili -, Pitti W (l'interessante salone collaterale dedicato alla precollezioni donna), Pitti Bimbo e Pitti Fragranze. Insomma non è un caso se lo scorso ottobre Lady Prada a margine della sfilata parigina di Miu Miu ha dichiarato: «Se vogliamo salvare Milano dobbiamo far qualcosa tipo eleggere Raffaello Napoleone Presidente di Camera Nazionale della Moda Italiana».
Come si sente nei panni del preferito di una donna esigente e intelligente come Miuccia Prada?
«Sono grato per questa generosa valutazione soggettiva, ma non credo ci sia un salvataggio da fare per Milano: è sempre la capitale della moda italiana e tale resterà. Quanto al presunto cambio della guardia tra me e Mario Boselli, non c'è da discuterne. Prima si cambino le strategie e poi su questa base si scelgono eventualmente le persone».
Non è neanche un po' tentato all'idea di diventare il primo ministro della moda italiana?
«Francamente non ci ho mai pensato: sto bene dove sto. Quando ho saputo delle dichiarazioni di Prada mi sono sol o ricordato di una coincidenza: il rogito dell'atto di costituzione di Camera della Moda Italiana è stato firmato da un notaio da un notaio romano che si chiamava Raffaello Napoleone come me. Era mio nonno».
Come mai romano?
«Perché vengo da una famiglia capitolina. Io stesso sono nato a Roma 58 anni fa anche se ormai mi sento a tutti gli effetti di Firenze: ci vivo e lavoro da 30 anni. Però non parlo aspirato...».
Cosa farebbe per ridare smalto a Milano?
«Se proprio devo esprimere un parere direi che rispetto alle altre capitali della moda la nostra ha un tasso d'internazionalizzazione molto più basso: ormai bisogna fare i conti col mondo, non con i singoli Paesi. Prendiamo il caso della Cina: la nostra crisi economica si riverbera pericolosamente anche su di loro. E non è una cosa da poco: solo per quel che riguarda la moda maschile, l'import dalla Cina è crollato del 16%».
Ma non è una cosa buona?
«Purtroppo no. Certe produzioni son già state delocalizzate in Indonesia e addirittura in Africa. Inoltre se crollasse l'economia cinese sarebbe una tragedia anche per noi».
Intanto però storici marchi come Bulgari, Brioni e Valentino sono diventati di proprietà straniera.
«Si è sempre detto che l'Italia non è in grado di attirare investitori esteri e poi quando li abbiamo ci fasciamo la testa...».
E Londra apre una fashion week maschile la apre proprio in contemporanea con Pitti Uomo...
«Non ho trovato per nulla gentile la sovrapposizione, ma non sono in guerra e neppure preoccupato. Posso solo notare che i rappresentanti del Fashion Council di Londra sono stati ricevuti al 10 di Downing street e dal principe Carlo a casa sua, a St. James Palace. I nostri uomini politici invece quasi si vergognano ad occuparsi di moda. Mai che li si veda alle sfilate di Milano o Firenze, mentre se esce una macchina nuova fanno le feste in Campidoglio e perfino al Quirinale. È assurdo».
Il sindaco di Firenze Renzi sembra però sensibile all'argomento: vi ha concesso il salone dei '500 per la sfilata di Scervino...


«Infatti siamo contenti di avere un sindaco così collaborativo».

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