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Iran, pugno di ferro contro i dissidenti: 3 condanne a morte

Tre manifestanti, incriminati per la partecipazione alle dimostrazioni antigovernative, sono stati condannati a morte. Ne ha dato notizia l’agenzia di stampa Isna, nel giorno in cui Amnesty international celebra la Giornata mondiale contro la pena capitale. Guarda il video

Iran, pugno di ferro 
contro i dissidenti: 
3 condanne a morte

Teheran - Tre persone arrestate dopo le contestate elezioni presidenziali iraniane sono state condannate a morte. Lo ha indicato l’agenzia di stampa Isna, citando un portavoce del ministero della Giustizia della repubblica islamica, Zahed Bashiri Rad. Mohammad Reza Ali Zamani è stato il primo imputato al quale è stata inflitta la capitale, a seguito dei disordini scatenati dalla rielezione del presidente Mahmoud Ahmadinejad.

"Organizzazione terroristica" Il tribunale della rivoluzione di Teheran ha condannato Zamani per appartenenza a quella che il giudice ha definito "organizzazione terroristica". Non sono stati invece forniti dettagli sugli altri due condannati a morte. Gli inquirenti hanno riferito che l’imputato ha ammesso l’accusa di spionaggio, ma i gruppi per la tutela dei diritti umani - in prima fila Amnesty International - hanno denunciato che per ottenere le cosiddette confessioni è stata praticata la tortura.

"Dov'è il mio voto?" La rielezione di Ahmadinejad, lo scorso 12 giugno, scatenò massicce proteste di piazza per denunciare brogli - i cartelli "Where is my vote?" (Dov’è il mio voto?) ne sono diventati il simbolo - e migliaia di persone sono state arrestate. L’opposizione ha parlato di almeno sessantanove vittime durante la repressione, compresi alcuni manifestanti morti per le torture in carcere.

La maggior parte dei detenuti è stata scarcerata, ma oltre cento figure di spicco dell’opposizione sono al momento sotto processo con l’accusa di aver organizzato l’uso delle proteste anti-elettorali per destituire la leadership clericale iraniana.

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