Tra le isole del pancreas

«Nella lotta al diabete di tipo 1, che colpisce 20 milioni di persone nel mondo, la ricerca gioca un ruolo fondamentale e il trapianto di isole pancreatiche rappresenta un'efficace prospettiva di cura», precisa Camillo Ricordi, direttore Diabetes Research Institute di Miami. «L'obiettivo è chiaro: giungere ad una cura definitiva che possa liberare i pazienti dalla necessità di ricorrere al trattamento insulinico, peraltro fondamentale oggi per assicurare il controllo metabolico». Le isole pancreatiche, che contengono le cellule produttrici di insulina, vengono isolate dal pancreas di un donatore e impiantate mediante una semplice procedura di infusione nel fegato del ricevente. Una volta in sede le isole trapiantate iniziano a produrre l'insulina: sono già 100 l'anno, in Europa e negli Stati Uniti, i trapianti di isole del pancreas. Grandi i progressi ottenuti negli ultimi 10 anni: oggi queste procedure sono un'opzione terapeutica in particolari sottogruppi di pazienti. Nel prossimo futuro è presumibile un ulteriore miglioramento della efficacia di questi trattamenti.
A Milano, gli studiosi presenti alla dodicesima edizione dell'International Conference of the CTS, il Congresso mondiale sulle Terapie cellulari, hanno discusso sui più recenti risultati della ricerca e sulla necessità di favorire l'accesso alle nuove terapie.
Un farmaco frutto della ricerca italiana potrebbe rivoluzionare questa terapia innovativa, riducendo il rischio che la risposta infiammatoria dell'organismo del paziente rigetti la gran parte delle cellule trapiantate. Un potente inibitore (Reparixin) di un recettore che svolge una funzione chiave nella risposta infiammatoria, frutto della ricerca dei laboratori biofarmaceutici italiani di Dompé a l'Aquila, ha dato ottimi risultati ed è in corso lo studio di Fase III, che coinvolge circa la metà dei pazienti eleggibili a questo trattamento. Il trial clinico è effettuato in 5 Paesi e 8 centri in Europa e Usa e prevede l'arruolamento della metà di quanti annualmente vengono sottoposti all'innovativa procedura.
«Il trapianto di isole pancreatiche si è dimostrato efficace, ma abbiamo la necessità di migliorare ancora i risultati clinici del trattamento», spiega Lorenzo Piemonti, vicedirettore San Raffaele Diabetes Research Institute e direttore programma trapianto di isole. «Alcuni fattori, a partire dall'isolamento delle isole stesse, possono infatti ridurre progressivamente la funzionalità delle isole trapiantate. La ricerca si concentra sulla risposta infiammatoria che si sviluppa nel paziente immediatamente dopo l'infusione e che ha un'influenza drammatica sulla sopravvivenza delle isole stesse, riducendo del 50 per cento la funzionalità nei primi sette giorni». Si vuole valutare l'efficacia del farmaco nel migliorare l'efficienza del trapianto di isole, proteggendo funzionalità e sopravvivenza delle cellule trapiantate, in modo di aumentare i pazienti indipendenti dall'insulina. Gli ultimi dati disponibili dimostrano che i centri che praticano il trapianto di isole (ospedali San Raffaele e Niguarda di Milano e l'Ismett di Palermo) effettuano da 18 a 22 trapianti allogenici (da donatore) e da 10 a 14 autologhi (da soggetto stesso). Guardando all'Europa, nel Regno Unito – dove il National Institute for Health and Care Excellence ha già dato il proprio via libera a questo approccio terapeutico - vengono effettuati annualmente da 15 a 25 trapianti allogenici, e circa 10 trapianti autologhi. In Francia 20 trapianti allogenici, rari quelli autologhi. In Germania, i trapianti allogenici sono dieci l'anno.

L'Italia è ai vertici mondiali della ricerca in queste queste aree innovative della biogenetica.

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