Gli italiani ora ci credono ma non arrivano sostegni

In gennaio le vendite di auto ibride hanno raggiunto il 2% di quota. Toyota e Lexus dominano la scena. I problemi del «plug-in»

Piero EvangelistiIn gennaio il mercato dell'auto in Italia ha fatto registrare una crescita significativa (+17,4%), largamente superiore a quella del mercato europeo che nel primo mese dell'anno è aumentato del 6,2%. Un forte segnale di cambiamento nel nostro Paese arriva dal settore delle auto ibride che è cresciuto addirittura del 43% portando le auto a doppia motorizzazione a una quota di mercato superiore al 2% (2,1%). L'ibrido, dunque, che ha da tempo conquistato le flotte, piace sempre di più ai privati che, nonostante l'assenza di incentivi all'acquisto che si riscontrano in buona parte dell'Europa, ne hanno compreso i vantaggi in termini di consumi e di emissioni - sia di CO2 sia di sostanze inquinanti e di maggiore libertà di circolazione nelle zone a traffico limitato e nei giorni di eventuali blocchi del traffico per smog. Che il 96% delle 3.250 ibride immatricolate in gennaio porti i marchi Toyota e Lexus fa impressione, ma non meraviglia più di tanto visto che la Casa della doppia ellisse è la pioniera nella tecnologia Hybrid che ha già montato su 8,5 milioni di vetture con i due brand a livello mondiale, un dato che ne fa comprendere la competenza e che infonde fiducia negli automobilisti.Fenomeno nel fenomeno è il Suv Rav4 che, appena lanciato, in gennaio ha subito raggiunto il 13,6% del suo segmento grazie soprattutto alla nuovissima versione Hybrid, scelta da oltre la metà (54%) dei clienti. Questo dato va oltre il successo del modello e dimostra il crescente gradimento del particolare stile di guida che un'auto ibrida favorisce, più rilassato, meno focalizzato sulle prestazioni e più attento ai consumi. La tecnologia ibrida, insomma, può diventare decisiva nel raggiungimento di una mobilità più sostenibile, soprattutto nel nostro Paese dove esiste un parco circolante vecchio e altamente inquinante.Diverse sono le prospettive per ibride plug-in, le auto sulle quali le batterie che alimentano il motore elettrico possono essere ricaricate attraverso una presa di corrente (in modalità elettrica arrivano a percorrere 30/40 km), e le elettriche con range extender, un motore alimentato a benzina che entra in funzione soltanto quando la carica delle batterie è esaurita: in entrambi i casi sono vetture che oggi hanno prezzi molto elevati, un handicap che va a sommarsi alla carenza di punti pubblici di ricarica veloce che rischia di far ricorrere troppo spesso ai motori termici.Più radicale è la proposta di azzeramento totale delle emissioni che arriva dalle auto elettriche pure che in gennaio hanno totalizzato in Italia 114 immatricolazioni. In questo caso la mancanza di un'adeguata struttura di ricarica è determinante, nonostante l'autonomia raggiunta dai modelli più evoluti, come la versione 30 kWh di Nissan Leaf, l'elettrica più venduta al mondo, consenta di coprire le distanze medie giornaliere che un'auto normalmente percorre. In assenza di incentivi e di una decisa espansione dei punti di ricarica, il rischio che le Ev (e ancora di più le auto a idrogeno di cui si parla sempre più spesso ma che non hanno praticamente possibilità di rifornirsi) siano destinate a muoversi in aree circoscritte è molto elevato.

I costruttori, comunque, la loro parte nella ricerca della mobilità sostenibile la stanno facendo, adesso tocca a istituzioni e aziende che forniscono energia rispondere.

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