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Jacquesson, Champagne mai uguali

I n un recente viaggio in Champagne organizzato dal Comité Champagne abbiamo avuto l'occasione di visitare una delle più piccole tra le maison di culto del territorio da cui arrivano i più celebri vini del mondo: Jacquesson a Dizy. L'azienda persegue con ostinazione la strada di fare vini del tutto differenti dal resto del panorama champagnistico, e questo si manifesta immediatamente nel piglio altero di Jean-Hervé Chiquet, che racconta i suoi magnifici prodotti con il fastidio di chi pensa che potrebbe non essere davvero compreso.

Noi crediamo di averlo capito, almeno in parte, lo specifico Jacquesson. Almeno dall'assaggio delle cuvée che qui vengono identificate con un numero che parte dal 700. La prima prodotta dai Chiquet quando essi presero in mano l'azienda è la numero 728, relativa all'annata 2000. Ora siamo arrivati alla 742, basata sull'annata 2014, magnifica per eleganza, naso di litchi e mandarino, compostezza. Un grande vino prima ancora che un grande Champagne.

Le idee produttive Jacquesson sono poche ma assai rigorose: uve provenienti solo da aree Grand Cru (Ay) e Premier Cru (Dizy e Hautvillers), per l'80 per cento di proprietà e per la maggior parte a bacca rossa; utilizzo della sola prima spremitura, la migliore (la seconda, il taille, viene venduta), vinificazione in sole botti di rovere grandi, ricerca di una grande capacità di invecchiamento. Ma la vera peculiarità è la scelta ideologica di non cercare un'identità stilistica tra le varie annate ma anzi di esaltarne le differenze, ricercando l'eccellenza piuttosto che la regolarità. E infatti ogni etichetta è perfettamente distinguibile. Anche le Dégorgement Tardif in cui l'affinamento è prolungato fino a nove anni. E le Lieux-Dits, che mettono in bottiglia le varie parcelle separatamente.

Solo se vale la pena e senza badare al prezzo.

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