J.M. COETZEE Anatomia di un narratore

L’ultimo romanzo di John Maxwell Coetzee, Slow man (Einaudi, pagg. 252, euro 17), inizia con Paul Rayment, un sessantenne senza figli di Adelaide, che, durante un giro in bicicletta, viene investito da una automobile. Alla guida c’è un ragazzino. Il nervo della gamba viene spappolato, viene spappolato l’osso, la rotula è irrecuperabile (o meglio: sarebbe recuperabile se il paziente fosse più giovane). L’unica soluzione è l’amputazione della gamba.
Da uomo autosufficiente sia dal punto di vista economico che da quello emotivo, Paul Rayment si trova a essere uno slow man, «un uomo lento» che ha bisogno d’aiuto per sopravvivere. La gamba mancante e il rifiuto ostinato della protesi, diventano il simbolo nemmeno troppo celato dell’antico mito dell’amore, figlio di povertà e di rapina, figlio della mancanza. Come spesso succede, Rayment prova diverse infermiere per le faccende quotidiane e finalmente trova una badante che lo soddisfa. Si chiama Marijana, è croata e indovina sempre le parole giuste e i gesti giusti, lo tratta da uomo, con dignità e con una certa durezza. Quando lo massaggia, le mani sono così precise e professionali che riescono a trascendere la freddezza di un rapporto che pretende un corrispettivo in denaro.
Marijana ha un grande seno e bellissimi polpacci. I polpacci sono belli e ridicoli come i polpacci delle giovinette di Ferdydurke di Witold Gombrowicz, sono segno di vitalità, del turgore della natura procreante. Marijana è molto più giovane di Paul, ha venticinque anni di meno e l’amore sboccia incontenibile. L’innamoramento di Paul affonda nelle radici classiche dell’eros: è innamoramento morale. L’attrazione fisica che Paul prova per Marijana è una sorta di banco di prova etico che lo costringerà da una parte a fare i conti con la propria freddezza umana, con il proprio egoismo (e con quello della propria epoca) per aprirsi a un amore più ampio che coinvolge anche la pittoresca famiglia di Marijana: il figlio angelico Drago, le figlie Lijuba e Bianka e il geloso marito Miroslav; dall’altra parte, Paul si troverà prepotentemente di fronte al desiderio di completamento, al bisogno di procreare, si troverà insomma di fronte alla propria sterilità (e alla sterilità della propria epoca), sentendola come una colpa e condannandola.
In virtù della gamba persa e del conseguente amore claudicante, Paul è a un passo dal diventare un eroe antico, si sta trasformando da sterile, egoista e arido testimone del nostro tempo in un personaggio filosofico: il bene e il bello ruotano attorno a lui e Paul diventa il perno simbolico di una possibilità umana che si credeva persa. Paul è vissuto a lungo vicino a Lourdes e il bagliore di un miracolo sembra inverarsi.
Ma cosa succede? Succede qualcosa di strano. Come Amleto, Paul è un personaggio moderno, non impugna senza discernimento la spada, non porge il petto nudo alla battaglia. Come Amleto, Paul esita a cogliere le potenzialità della situazione in cui si trova: commette un errore dietro l’altro: scrive lettere assurde, fa un’assurda proposta economica al figlio di Marijana, è diviso fra schietta dichiarazione (sempre un po’ falsa comunque) e ritrosia. Paul non sboccia, non si completa, resta a metà del percorso che la scrittura sembra riservargli. La narrazione boccheggia, le strade segnate si occludono, le possibilità remote sembrano percorribili. Uno stallo, una scelta che non arriva.
Ed ecco che, come la compagnia teatrale sprona Amleto verso una decisione, così, la romanziera Elizabeth Costello, verosimilmente la romanziera che sta scrivendo il romanzo che ha Paul come personaggio, entra nella scena narrativa. Si presenta all’eroe riluttante, che prova una istintiva antipatia, e cerca di convincerlo all’azione: «Diventi protagonista - lo esorta -, viva da eroe. È questo che ci insegnano i classici. Sia un personaggio principale. Altrimenti che senso ha la vita?».
Questo straordinario romanzo di Coetzee (come straordinari sono tutti i suoi romanzi) ci riporta per assonanza a una sua precedente opera, Foe. A differenza di molta altra parte della sua produzione, Coetzee - nato nel 1940 a Città del Capo, in Sud Africa, a lungo docente di letteratura americana alla Cape Town University prima di trasferirsi ad Adelaide, Australia, e premio Nobel per la Letteratura nel 2003 - in Slow man indugia su temi che girano intorno al romanzo sul romanzo, ma senza mai condurre il lettore alla vena ludica che spesso presiede questo genere narrativo. Slow man è un romanzo matematico, curato in ogni dettaglio, con una anatomia di citazioni che ne svela gli organi interni.

Come possono le antiche forze che governano l’uomo trascinarlo anche oggi alla scelta? Cosa è oggi l’amore? Come può un romanziere scrivere un romanzo senza eroi? Non è forse più giusto lasciare i personaggi fuori dalla letteratura e invitarli a casa propria, per un gesto ultimo di carità umana, come vuole fare Elizabeth con Paul? Se l’orizzontalità contemporanea non prevede picchi etici, perché uno scrittore dovrebbe inventarli? E cosa ne è della bellezza antica e delle antiche passioni se per noi, come per Paul, sono foto sbiadite di un passato lontano che verranno donate a un museo perché le ricopra di polvere? La letteratura riproduce se stessa, ma i tempi non si riproducono in letteratura. Romanzo profondissimo e spietato, Slow man sembra porre domande definitive sulla nostra epoca e sul nostro mestiere: quello di romanzieri.

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