Con Joe Biden, Obama ha preso un granchio

Joe Biden è cattolico. E con questo? Da sempre - al punto che tutti i candidati cattolici alla White House e quindi l’unico presidente appartenente a tale fede eletto (ovviamente, John Kennedy) si trovano in campo democratico - i «papisti» (come veniva sprezzantemente chiamato Alfred Smith ai tempi della sua sfortunatissima campagna) sono vicini al partito dell’asino ragione per la quale è assai difficile da questo punto di vista vedere un possibile vantaggio elettorale per Obama. Joe Biden è senatore del Delaware. E quindi? Quasi sempre il Delaware vota democratico e non c’era pertanto bisogno di candidare un suo uomo per conquistarne i delegati.
Joe Biden è - torno a sottolinearlo - del Delaware. Proviene conseguentemente da uno Stato il cui peso elettorale è quasi nullo. Sono cinquecentotrentotto i voti elettorali complessivamente in palio e solo tre quelli spettanti allo Stato di cui si parla. Joe Biden ha una grande esperienza in politica estera. Quando mai, salvo rarissime occasioni, il vice presidente ha avuto davvero la possibilità di intervenire a livello decisionale e a maggior ragione in politica estera? Occorreva un forte rappresentante del Sud (il vice del citato Kennedy era un uomo politico del Texas di grande notorietà, Lyndon Johnson), laddove i democratici avranno grandissime difficoltà a prevalere: è stato scelto Joe Biden.
Il Signore acceca chi vuole perdere. Così stando le cose viene da chiedersi, aprendosi lunedì nella capitale del Colorado la convention che nominerà ufficialmente il declinante Obama, se a questi non si adatti perfettamente il titolo del film girato da Gary Fedler nel 1995 «Cosa fare a Denver quando sei morto».


Lascia ch’io dica ai lettori, caro Mauro, che per quel che concerne le elezioni americane tu sei di quelli che ci azzeccano. Non certo perché leggi nella sfera di vetro, ma per il tuo riconosciuto talento nel fare due più due. Operazione che a non tutti riesce, specie se non si è in possesso della tua smisurata banca dati e della destrezza necessaria per maneggiarla estrapolando i «due» che possono e devono essere sommati ad altri «due». Senza avere un ette della tua autorità in materia e nonostante Joe Binden mi sia carneade, ritengo anch’io, a naso, che il titolo del film di Fedler ben s’adatti a Barack Obama. Dicono che nelle ultime settimane si sia un po’ spento, ma non ci credo. Si sta spegnendo, piuttosto, l’isterico entusiasmo nei suoi confronti.
Perché un conto è l’Obama che incanta e ammalia, l’Obama così «trendy» e così «coloured» che coi suoi comizi e comparsate televisive manda in estasi i «sinceri democratici» d’oltreoceano. Un conto è ritrovarselo Presidente.

Cioè simbolo della nazione e dunque degli americani. Lo vedo e lo piango, Obama: mettici i vedovi di Hillary Clinton - incredibile, ma pare proprio che siano stuoli - mettici quell’America che senza esser razzista al solo pensiero di avere alla Casa Bianca uno non esattamente viso pallido e che di nome fa Barack Hussein le vengono i sudori freddi, mettici i tuoi due più due ed è proprio il caso di chiedergli: cosa ci fai a Denver?
Paolo Granzotto

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