Carabiniere ucciso

Killer Cerciello bendato, gli avvocati di Milano: "Come a Guantanamo"

La Camera Penale meneghina critica aspramente il trattamento riservato in caserma all'omicida dal carabiniere Mario Cerciello Rega

Killer Cerciello bendato, gli avvocati di Milano: "Come a Guantanamo"

"Good morning, Guantanamo". Con queste parole la Camera Penale di Milano titola il documento diramato dal proprio consiglio direttivo per commentare il trattamento riservato in caserma all'omicida del carabiniere Mario Cerciello Rega. Per la brutale uccisione del vicebrigadiere dell'Arma sono stati arrestati Christian Natale Hjorth e Finnegan Lee Elder. La foto di uno dei due giovani americani ammanettato e bendato durante l'interrogatorio ha fatto il giro del mondo, scatenando vibranti polemiche.

Nelle ultime ore ha preso posizione la Camera Penale di Milano e lo ha fatto in modo netto e deciso: "La confessione è la regina delle prove […] ed è vero, o quasi, almeno in un sistema penale moderno e garantito: nel nostro, già la codificazione di regime, sebbene improntata al modello inquisitorio, ne postulava limiti di utilizzo illustrati plasticamente dalla previsione del delitto di autocalunnia a presidio delle confessioni false, interessate o estorte. Da qui l'esigenza che l'ammissione del fatto reato sia sottoposta ad una verifica di credibilità, coerenza interna, spontaneità. E se è vero, come è vero, che cautela ancor maggiore deve imporsi allorquando la confessione attenga non solo il fatto proprio, ma anche quello altrui ecco che sgomenta il trattamento riservato ad almeno uno dei giovani arrestati poiché sospetti di essere gli autori dell’omicidio di un carabiniere a Roma".

"È un metodo di forte coartazione psicologica mettere una persona nelle condizioni di perdere cognizione dello spazio, di quanto accade intorno a lui, nel timore, non irragionevole, di essere destinatario, nella immediatezza, di atti violenza, senza la possibilità di capire quali, da parte di chi e di non potersi proteggere almeno utilizzando le braccia a mo' di scudo", continuano gli avvocati meneghini, che – proseguendo – parlano di tortura: "Un sistema di tortura, forse, fuori dallo schema legale che non sappiamo con esattezza per quanto si sia protratto, né in occasione di quali accadimenti: prima, durante o dopo la verbalizzazione delle 'spontanee' dichiarazioni; uno spettacolo che non avremmo voluto vedere neppure 'al lordo' del dolore e della concitazione degli operanti dopo l’omicidio di un collega, che non fa onore all'Arma – i cui vertici hanno immediatamente preso le distanze dagli autori promuovendo iniziative penali e disciplinari – che potrebbe persino portare alla inutilizzabilità degli atti investigativi, che non aiuta il corso della giustizia e non illustra l'immagine di un Paese che dovrebbe essere di diritto. Un sistema di tortura, perché altrimenti non può definirsi un trattamento atto a disorientare chi vi è sottoposto, raffinato, volto ad aggirare la legge penale e rozzo allo stesso tempo che richiama alla memoria le gesta del temibile Ufficio Affari Riservati".

Infine, la Camera Penale di Milano chiosa facendo il paragone con Guantanamo: "Qualcosa che, a prescindere se chi ha subito tutto ciò sia o meno responsabile di un fatto di sangue, non avremmo voluto che accadesse, non da noi, che non vorremmo mai che fosse solo la punta di un iceberg, per non scoprire con orrore di esserci risvegliati in un luogo dove non vorremmo essere e sentirci dire: benvenuti a Guantanamo, Italia".

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