Cultura e Spettacoli

«L’Illustrazione» ci riapre gli occhi

Novant’anni di storia, quasi 5mila numeri pubblicati, 150mila pagine totali, 600mila immagini tra foto, disegni e incisioni. E un’epoca intera, quella che va dalla fine dell’Ottocento all’avvento della televisione, messa in pagina e spedita in edicola. Per raccontare agli italiani, dei quali la rivista costituì gli occhi e le orecchie, cosa accadeva nel mondo.
È L’Illustrazione Italiana, il settimanale fondato nel 1873 dai fratelli Treves che ha formato l’immaginario popolare per un secolo, almeno fino alla diffusione dei cinegiornali. Morirà nel 1962. Autorevole, ricca e amatissima, la rivista, ampiamente diffusa negli ambienti dell’alta e media borghesia, godeva di una popolarità universale, uscendo dai «salotti buoni» per girare di mano in mano soddisfando la curiosità e l’attesa di persone di ogni ceto, età, sesso, cultura. Fondata a Milano, capitale dell’editoria libraria e giornalistica, a Milano oggi rinasce. Da quest’estate L’Illustrazione Italiana è tornata nelle edicole.
A riportarcela, riscrivendo con coraggio una pagina leggendaria del giornalismo e del costume italiano, è Guglielmo Duccoli, direttore della nuova Illustrazione Italiana, edita dal gruppo My Way Media (cui fanno capo anche Archeo, Medioevo e Civiltà). Per rilanciarla, con numeri monografici a cadenza bimestrale che sfruttano l’immenso patrimonio iconografico della “vecchia” Illustrazione, l’editore ha recuperato una delle pochissime collezioni complete della rivista esistenti in Italia. Persino quella “ufficiale”, conservata nell’archivio della casa editrice, è andata distrutta, nei bombardamenti di Milano durante la seconda guerra mondiale. Poi è iniziata la vera impresa: la digitalizzazione di ogni singolo numero e, soprattutto, l’indicizzazione, ormai quasi completata (come è facile immaginare, un vero tesoro per gli studiosi...).
Fino a oggi della nuova Illustrazione Italiana sono usciti tre numeri, che sfruttano articoli e immagini dei fascicoli dell’epoca introdotti da contributi originali, chiesti a studiosi e specialisti: il primo numero è dedicato a «L’avventura coloniale italiana in Libia del 1911» (dove si cerca di capire come e perché l’Italia volle colonizzare il più arido e povero dei territori mediterranei, e come e perché quella guerra di un secolo fa somigli moltissimo all’attuale intervento delle forze occidentali nel Nord Africa); il secondo numero si concentra su «Un secolo di Papi, da Pio IX a Giovanni XXIII» (con articoli, fra gli altri, di Giulio Giorello, Giordano Bruno Guerri e Andrea Tornielli, utili per comprendere come il giornale della buona borghesia italiana, pubblicato a Milano da un editore ebreo, attendeva e valutava le elezioni dei pontefici); il terzo, appena uscito, è invece su «I treni e le strade che hanno unito l’Italia» (con un commento di Mauro Moretti, amministratore delle Ferrovie dello Stato, e dove si “vede” - è il caso di dirlo - come le infrastrutture cambiarono in pochi decenni il volto e gli assetti del nostro Paese, dalle vaporiere alle littorine fino all’inaugurazione, nel 1923, della prima autostrada al mondo, la Milano-Laghi, il cui ingegnere progettista fu chiamato in Germania da Hitler...).
Sorta di “ispirazione” popolare per quella che sarà l’Enciclopedia Treccani, avvalendosi di firme nobili della letteratura, da Carducci a Capuana, da Pirandello a Montanelli (il quale qui pubblicò anche romanzi a puntate) e forte delle illustrazioni di maestri come Achille Beltrame o Luigi Bompard e poi delle fotografie dei più bravi fotoreporter, L’Illustrazione fu davvero la «finestra sul mondo» prima della televisione. Era su queste pagine che gli italiani, soprattutto coloro che non potevano viaggiare, ed erano molti, scoprirono che cosa c’era «là fuori»: con i reportage da Paesi esotici, gli amori delle case regnanti d’Europa, il Tibet della spedizione Tucci, le imprese di Nobile, le scoperte geografiche, le guerre e la vita quotidiana sotto il Fascismo (sulla rivista furono pubblicate migliaia di fotografie del Ventennio, molte mai più riviste...). E poi i grandi scrittori, l’arte (pochi lo sanno, ma un giovane Boccioni disegnò fregi e cornici per le pagine dell’Illustrazione...), i divi del cinema, il varo dei piroscafi, le invenzioni della scienza, l’Opera, la moda, la vita nelle capitali del pianeta. Tutto, insomma. Con l’unica eccezione della cronaca nera...
«I settimanali - ricorda Guglielmo Duccoli - offrivano storie e approfondimento al tempo stesso, rivaleggiavano con i quotidiani sulla freschezza delle notizie. In un’epoca in cui le fonti di informazione scarseggiavano, la gente attendeva l’uscita di queste riviste con un’impazienza facile da immaginare. Magari solo per sognare con le fotografie...». Migliaia di numeri e migliaia di sogni che venivano sfogliati, letti e conservati: in fascicoli e nella memoria di ognuno. E lì rimasero, dimenticati, per anni.

Fino a oggi.

Commenti