L’ipotesi più realistica per il futuro governo è la Grande coalizione

Sembra chiusa in partenza , almeno a parole, un’eventuale alleanza tra Spd, verdi ed estrema sinistra

Roberto Fabbri

Un gran bel rompicapo. Gli elettori tedeschi sembrano essersi divertiti a rendere più che mai difficile il compito dei leader politici, negando la maggioranza sia alla coalizione uscente rosso-verde sia a quella dell’opposizione «nero-gialla» (cristianodemocratici più liberali). Sicché ora non rimane che lambiccarsi su ipotesi di alleanza improbabili o astruse, mentre sullo sfondo resta in piedi un’unica prospettiva realistica: quella della Grosse Koalition, il compromesso storico alla tedesca tra Cdu e Spd.
Il tonfo del centrosinistra guidato dal Cancelliere uscente Gerhard Schröder era annunciato dai sondaggi, ed è stato meno pesante del previsto. Quello del centrodestra che si affidava ad Angela Merkel ha fatto molto più rumore, perché le previsioni davano alla Cdu un buon 5 per cento di voti più di quelli che ha effettivamente ricevuto. Ma nella sostanza entrambi i contendenti hanno fallito: i rosso-verdi con il 42-43% dei voti non governeranno e i nero-gialli con il 45-46 nemmeno.
Poiché la politica è l’arte del possibile, si valutano allora le alternative lasciate aperte dall’aritmetica parlamentare. Che sono in tutto tre: un tripartito di sinistra Spd-Verdi-Linke (l’estrema sinistra nata dal connubio tra la Pds erede del regime comunista di Berlino Est e la Wasg di Lafontaine, scissionista a sinistra della Spd), una «coalizione-semaforo» rosso-verde-gialla di centrosinistra con i liberali come nuovo partner del governo uscente e infine un esecutivo di compromesso tra i due grandi vincitori-sconfitti, la Cdu e la Spd.
La prima ipotesi sembra chiusa in partenza. Schröder e il leader dei verdi Joschka Fischer hanno ripetuto per tutta la campagna elettorale di non volersi alleare con «gli irresponsabili populisti» della Linke, che pescano voti proprio tra gli oppositori delle riforme dello Stato sociale avviate da Schröder. E ieri sia il Cancelliere uscente sia Lafontaine hanno ribadito che tra loro non ci sarà alleanza. I due leader, fatto non secondario, hanno una lunga storia di reciproca antipatia personale. Lafontaine ha però lasciato aperto un pertugio, ricordando che la distanza tra i due partiti è dovuta a una questione di programmi.
La «coalizione del semaforo» piace agli innamorati del centrismo sbilanciato a sinistra, ma proprio per questo non garba a Guido Westerwelle, quarantenne e ambizioso capo dei liberali approdati ieri a un imprevisto e lusinghiero 10 per cento. Westerwelle ha costruito la sua campagna sull’alternativa di centrodestra al governo uscente e ieri ha detto che il semaforo non si farà. Ma le sirene del potere sono suadenti e va ricordato che nel Land Renania-Palatinato il suo partito e quello di Schröder governano a braccetto da varie legislature.
Resta la Grosse Koalition, già sperimentata in anni remoti al Parlamento di Bonn. Sia Schröder sia la Merkel sanno che è l’unica prospettiva concreta sul tavolo del Bundestag. Per questo entrambi si sono detti pronti a guidare un esecutivo in nome della stabilità e dell’interesse nazionale. Naturalmente ciascuno di loro vede se stesso come capo e l’avversario come partner minore.

La Merkel si fa forte della pur risicata maggioranza relativa ottenuta dalla Cdu, Schröder ringalluzzito dalle dimensioni del recupero socialdemocratico rispetto ai disastrosi sondaggi tuona che non entrerà mai in un governo guidato da «Angie». Strilleranno per un po’, ma è più che probabile che alla fine si metteranno d’accordo.

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