L’ira degli atei sull’uragano Rita

Marcello D’Orta

Al momento in cui scrivo, l’uragano Rita punta verso le coste dello Stato texano; non si sa quanti danni provocherà e soprattutto quante vittime mieterà, di sicuro si sa soltanto che buona parte degli uomini se la prenderà con Nostro Signore.
È accaduto con l’uragano Katrina, con lo tsunami dell’Indonesia, con il terremoto in Cile, in Campania, in Messico ecc., con la lava di fango di Sarno, con tutte le tragedie naturali della storia. Dal Diluvio in poi, Dio avrebbe apposto la sua firma su tutte le grandi catastrofi della Terra (e mettiamoci pure l’11 settembre), per lo meno non avrebbe mosso un dito per evitarle.
Con Dio se la pigliano filosofi, scrittori, scienziati, sociologi, restauratori, maestri d’ascia, rigattieri, metalmeccanici, impiegati statali, applicati di segreteria, telefonisti, programmatori di software, gondolieri, supplenti di scuola elementare, molti (la maggior parte?) di coloro che la sera accendono la tivù, vedono immagini di morte collettiva, e vestono d’un tratto i panni di Voltaire (il cui anticlericalismo si inasprì - se possibile - all’indomani di un disastroso terremoto avvenuto a Lisbona, manco quell’avvenimento fosse colpa dei preti).
Qualche volta, Dio, è fatto oggetto di sarcasmo anche da chi intellettuale proprio non è, ma si vede che lo spirito dell’autore di Candide aleggia anche su contadini e bifolchi. In un terreno di un paese dell’Africa meridionale, colpito da una grave siccità, fu trovato, una decina d’anni fa, un secchio posto sopra un palo di una staccionata, sopra al quale era scritto: «Per favore, depositate qui qualche spicciolo per comprare un paio di occhiali a Dio, perché possa vedere le sofferenze degli uomini e delle bestie».
La domanda più ricorrente, dopo una catastrofe naturale, è: «Perché Dio permette tante sofferenze?», con la variante: «Dov'era Dio quando» eccetera.
Un poeta di nome Omero, vissuto (sembra) parecchie migliaia d’anni fa, intuendo che il mondo se la sarebbe presa col Padreterno a causa dell’uragano Rita, scrisse i seguenti versi: «Poh! - disse Giove - incolperà l’uom dunque/Sempre gli dèi! Quando a se stesso i mali/Fabbrica, de' suoi mali a noi dà carco/E la stoltezza sua chiama destino».
In questi giorni, a Napoli, si sta discutendo un piano per far allontanare (evacuare è un verbo che non mi piace, si presta a qualche malinteso) dall’area vesuviana 800mila persone, nell’eventualità di un’eruzione. Se all’improvviso il vulcano esplodesse, e morissero migliaia di persone, sarebbe forse responsabile Dio o i politici corrotti che hanno permesso l’edificazione di case fin quasi dentro al cratere? (conosco una famiglia che abita nel magma). È di Dio la colpa se il sistema idrogeologico italiano è a pezzi, e ci scappa ogni anno il morto, o non piuttosto di politici, di amministratori pubblici, di quanti hanno dragato la ghiaia e il pietrisco dal letto dei fiumi o costruito strade attorno ad essi? È Dio o il cinismo della politica economica internazionale, che fa morire di fame i bambini dell’Africa e dell’Asia? È Dio la causa del buco dell’ozono o del crollo di una scuola elementare della Puglia?
Nel 1988 un forte sisma in Armenia provocò 25mila morti; l’anno seguente, un terremoto ancora più violento interessò la zona di San Francisco. Su circa 6 milioni di persone, persero la vita solo 67: un numero quattrocento volte inferiore a quello delle vittime armene. Dio forse considerava gli americani «più buoni» degli armeni, o non erano piuttosto «più buoni» i criteri di costruzione dei loro edifici?
David Maria Turoldo concepiva un Dio in pena per le sofferenze delle Sue creature, un Dio che partecipava e condivideva i dolori dell’uomo. Ma l’uomo deve imparare a proprie spese che cosa succede quando Lo rifiuta e quando persegue la strada dell’egoismo e del male. E in ogni modo le sofferenze possono far emergere il meglio di noi, per esempio la pazienza, la compassione e la solidarietà.
Come che sia, piuttosto che chiederci di continuo «perché», dovremmo ricordarci del Padreterno prima che accadano certe cose; seguendo le Sue regole constateremmo che la maggior parte dei disastri che Gli attribuiamo non accadrebbe.


E invece di mostrare il pugno al cielo, avere fede che quanti oggi soffrono e muoiono a causa della Natura o dell’azione dell’uomo, un giorno troveranno giustizia e ricompensa: «Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e la morte non sarà più; né ci sarà più lutto, né grido, né dolore, poiché le cose di prima saranno passate» (Apocalisse, 21, 4).
Ho parlato un po' troppo da prete? Se è così, domando scusa a quanti ce l’hanno con Dio, le guardie svizzere e il Vaticano. La prossima volta, per par condicio, parlerò il linguaggio di Voltaire o Zapatero.

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