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Il laboratorio che ha creato il brodo primordiale della vita

Ricostruito l'ambiente chimico vicino alle bocche idrotermali in fondo agli oceani. Dove tutto è iniziato

Il laboratorio che ha creato il brodo primordiale della vita

Creare l'oceano primordiale in laboratorio per studiare le origini della vita sulla Terra. Un obiettivo arduo e affascinante che si è prefissato un gruppo di ricercatori della Nasa che nei laboratori del Jet Propulsion Laboratory (JPL) di Pasadena in California ha ricreato il brodo primordiale, habitat dove probabilmente si sviluppò la vita sul nostro pianeta, oltre 4 miliardi di anni fa.

Per poter provare la presenza della vita sulla superficie di altri pianeti bisogna comprendere come e dove essa si sia originata sulla Terra. Da qui la necessità di studiare meglio l'ambiente chimico presente vicino alle bocche idrotermali, le fratture della crosta terrestre da cui fuoriesce acqua geotermicamente riscaldata: la comunità scientifica è concorde nel considerarle i luoghi dove la vita avrebbe avuto origine.

Le bocche idrotermali si trovano sui fondali oceanici dove i raggi solari non penetrano e per questo gli scienziati hanno cercato di ricreare in laboratorio l'ambiente che favorì la nascita della vita sulla Terra. Il gruppo di scienziati guidato dall'astrobiologa Laurie Barge ci è riuscito. L'oceano primordiale è stato creato con una miscela di acqua, molecole di ammoniaca e piruvato, elementi ritenuti essenziali per la nascita della vita e che normalmente si trovano vicino alle bocche idrotermali. La miscela è stata poi portata a 70°C e l'ossigeno presente è stato ridotto. Osservando la miscela sono state rilevate molecole importanti come l'alanina (aminoacido responsabile della sintesi di molte proteine) e il lattato, il composto chimico che alcuni scienziati ritengono essere l'agente che permette alla vita di prosperare.

Il team della Nasa ovviamente non ha ricreato la vita dal nulla ma ha semplicemente dimostrato che gli elementi fondamentali all'origine della vita sono presenti nei pressi delle bocche idrotermali e che dunque la presenza di tali fratture sulla superficie dei pianeti potrebbe indicare la presenza di vita extraterrestre. La miscela, tuttavia, continuerà a essere osservata nella speranza di ritrovare altre molecole precorritrici.

Composti organici sono stati trovati anche su Marte e l'ipotesi è che si tratti di tracce di vita. Due importanti scoperte confermano infatti la presenza di molecole organiche sul Pianeta Rosso, anche se la loro origine non è ancora chiara. Il rover Curiosity della Nasa ha perforato, per 5 centimetri, una roccia marziana durante le indagini sulla composizione del suolo del pianeta rosso. Grazie al robot a quattro ruote sappiamo che Marte in passato aveva composti organici a base di carbonio, molecole organiche che rappresentano gli ingredienti base della vita così come la conosciamo.

Un recente studio pubblicato da Science presenta le prime prove conclusive della presenza di molecole organiche sulla superficie del pianeta, coronando così una ricerca cominciata con le sonde Viking della Nasa negli anni Settanta. Test precedenti lasciavano intuire la presenza di molecole organiche, ma la presenza di cloro nel suolo marziano aveva complicato l'interpretazione dei dati. Gli ultimi dati inviati da Curiosity rivelano che il lago d'acqua che una volta occupava il cratere Gale di Marte conteneva molecole organiche complesse circa 3,5 miliardi anni fa. Tracce di queste molecole sono ancora conservate in rocce contenenti zolfo derivate dai sedimenti lacustri. Lo zolfo potrebbe aver aiutato a proteggere le molecole organiche anche quando la superficie di queste rocce è stata esposta alla radiazione e a sostanze sbiancanti dette perclorati.

La nuove scoperte non costituiscono una prova della presenza di vita passata su Marte: le stesse molecole potrebbero in teoria essere scaturite da processi non vitali. Tuttavia, lo studio dimostra quantomeno che le eventuali tracce degli antichi abitanti di Marte potrebbero essere sopravvissute per milioni di anni, e ci aiuta a capire dove potremmo trovarle in futuro. Oltre alle antiche molecole di carbonio, Curiosity ha catturato anche dei sentori di sostanze organiche presenti sul pianeta Marte ancora oggi. Il rover annusa l'atmosfera dal giorno del suo atterraggio, e alla fine del 2014 i ricercatori che elaborano i dati hanno stabilito che il metano - la più semplice delle molecole organiche - è effettivamente presente nell'atmosfera marziana. La presenza di metano su Marte lascia perplessi i ricercatori in quanto questa sostanza sopravvive solo per qualche centinaio di anni. Ciò significa che c'è qualcosa sul Pianeta Rosso che, in qualche modo, continua a rifornire l'atmosfera di questo gas.

Come se non bastasse, il comportamento osservato del gas metano su Marte è a dir poco bizzarro. Dal 2009, i ricercatori hanno rilevato che pennacchi inspiegabili emettono migliaia di tonnellate per volta di metano in maniera del tutto casuale. Il più recente studio di Webster, anch'esso pubblicato su Science, dimostra che Marte «respira» questa sostanza con cadenza stagionale. Ogni estate marziana, la concentrazione di metano nell'atmosfera sale a circa 0,6 parti per miliardo. D'inverno il tasso scende di due terzi, ovvero a 0,2 parti per miliardo. Webster e i suoi colleghi sospettano che il metano provenga da depositi sotterranei profondi, e che le oscillazioni della temperatura sulla superficie marziane lo facciano defluire verso l'alto.

D'inverno è possibile che il gas resti intrappolato sottoterra in cristalli di ghiaccio detti clatrati, che d'estate potrebbero fondere e liberare il gas.

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