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L'esordio di Rivera, 50 anni fa: "Con l'Alessandria 1-1 all'Inter"

"Il portiere era Notarnicola, aveva un grande ciuffo bianco". Il 2 giugno di 50 anni fa: "Mi cambiai da solo, non ero ancora degno della prima squadra: ero già promesso al Milan". Guarda gli esordi degli altri grandi del calcio moderno a cura di Massimo M. Veronese

L'esordio di Rivera, 50 anni fa: 
"Con l'Alessandria 1-1 all'Inter"

Caro Rivera, cosa le viene in mente se le ricordo il 2 giugno del 1959 e le cito a memoria la seguente formazione: Notarnicola, Boniardi, Giacomazzi...
«Mi vengono in mente due cose: 1) Notarnicola era il portiere dell’Alessandria, con cui esordii in serie A contro l’Inter, aveva una vistosa ciocca bianca tra i capelli; 2) quel debutto avvenne un paio di giorni dopo il provino fatto a Milano col Milan e passò sotto silenzio sulla stampa nazionale. Oggi ci sarebbero state la diretta tv, le interviste. Ero quasi un bambino, poco più di 16 anni e mi parve un evento naturale».

Giocò al posto di Lorenzi? Se lo ricorda?
«Ho avuto la fortuna di vivere quella domenica come una delle tante, senza alcuna pressione. Giocai nel mio ruolo abituale, l’anno dopo cominciai da centravanti e col fisico che mi ritrovavo era quasi una provocazione. C’erano in tribuna i miei genitori, finì 1 a 1: gol di Firmani e Pistorello. L’Inter giocava tutta per Angelillo, rincorreva il primato nella classifica dei goleador ma i nostri non furono d’accordo e rimase a bocca asciutta».

C’è un episodio particolare di quel debutto da incorniciare?
«Non ebbi alcun premio partita alla fine, e mi cambiai, da solo, nello spogliatoio del settore giovanile invece che nello stanzone della prima squadra dove c’erano gli altri, Tacchi, Giacomazzi, Pedroni».

Come andò invece il provino col Milan a Linate?
«Merito di Viani e della sua amicizia con Pedroni, allenatore dell’Alessandria. Qualche anno dopo mi riferirono un particolare decisivo: Liedholm e Schiaffino, dopo avermi visto all’opera nel test a Linate, salirono nell’ufficio di Viani e gli consigliarono di prendermi al volo».

Come cambiò la vita di Gianni Rivera da Alessandria al Milan?
«Presi il diploma da computista commerciale e smisi di studiare, quindi cominciai con una alimentazione tradizionale: risotto e bistecca per tenere il passo di allenamenti più impegnativi».

Com’è finito il rapporto col Milan?
«Non ci furono contrasti particolari, quando subentrò il gruppo Berlusconi non c’erano le condizioni per continuare e a quel punto me ne sono andato, tranquillamente».

Ma di recente è tornato a frequentare un raduno milanista: cosa è successo, ha fatto pace con Silvio Berlusconi?
«È successo che faccio parte della storia di questa società e quando c’è da celebrare quel pezzo di storia io sono sempre disponibile e incontro volentieri tutti i protagonisti della mia epoca».

C’è stato anche un momento in cui, esplosa Calciopoli, il suo nome ha preso a circolare come presidente della Figc...
«Io non ci ho mai pensato, furono altri a candidarmi, ma capii subito che non sarei andato su quella poltrona a dispetto dei santi».

Campana, il suo amico Campana, invece resiste da una vita...
«Ma Sergio è eletto dai calciatori. Dipendesse dai dirigenti, l’avrebbero spedito a casa da tempo».

Lo scudetto dell’Inter è merito di Ibra o demerito di Ancelotti?
«Più che alla bravura degli allenatori, io credo che risulti decisivo il talento dei calciatori. L’Inter è stata più vitale, più continua del Milan che ha avuto un brillante inizio. Poi fa parte del costume italiano prendersela con l’anello debole della catena, in questo caso l’allenatore».

Milan alle prese con il tormentone Kakà: potrà mai esserci un altro Rivera che rifiuta il trasferimento e manda a casa il presidente?
«I tempi sono cambiati, inutile illudersi: quell’episodio resterà un caso unico nella storia del calcio, e credo sia anche irripetibile. Oggi ci sono altri interessi e soprattutto altre dimensioni finanziarie nel calcio».

Anche in politica è tornato a casa, all’Udc...
«È il riconoscimento di un errore: mi ero illuso che si potesse ricostituire, nella politica italiana, lo stesso schema valido ai tempi della Dc: e cioè un centro dominante con la collaborazione della sinistra. La scommessa è stata persa perché la sinistra ha rovesciato le parti con effetti che sono sotto gli occhi di tutti».

A quali risultati si riferisce?
«Uno, il più evidente: a causa di questo fallimento, la cultura di destra viene premiata dagli elettori».

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