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Da Levratto a Pruzzo, l’epico blues della squadra che inventò il calcio

Tony Damascelli

G entile signor Preziosi. Non sono bei momenti, mi rendo conto. Titoli sui giornali, immagini televisive, interviste radiofoniche, varie ed eventuali sul Genoa che è sprofondato all’inferno dopo aver visto il paradiso. Che, stando anche a certi film, può attendere. Invece Lei, signor Preziosi, non può più attendere. È arrivato il momento di leggere, di sapere.
Sapere per esempio che il Genoa venne fondato da James Richard Spensley che era un medico inglese e non si occupava di giocattoli ma di gioco sì, anzi di giuoco del football. Quando nel settembre, giorno sette, del milleottocentonovantatrè mise assieme un gruppo di soci fedeli per creare il Genoa cricket and athletic club poi anche football non poteva immaginare che oltre un secolo dopo la sua creatura sarebbe stata svergognata in Italia e non soltanto.
Gentile signor Preziosi Lei deve sapere che il Genoa è stata la prima società italiana a istituire un settore giovanile, era il 1902 e un anno dopo sarebbe stata la prima squadra italiana ad effettuare una trasferta con partita all’estero, contro il football veloclub di Nizza, incontro finito 0 a 3. Deve sapere che il Genoa è stato il primo club a ingaggiare un allenatore straniero, si trattava di Garbutt grazie al quale, ahimè, oggi ancora chiamiamo mister tutti gli allenatori,anche i meno mister,cioè signori.
Il Genoa assunse anche il primo calciatore professionista, nello stesso anno di William Garbutt,il 1912, si chiamava Grant. Lei sappia che il Genoa è stato il primo club a giocare in Sudamerica, in Argentina e Uruguay, nel 1923 e a vincere lo scudetto nel 1924; a giocare, insieme con la Juventus, la prima competizione europea, la coppa dell’Europa centrale nel 1929, a proporre con l’allenatore Barbieri il «sistema» soluzione tattica di cui non si conosceva l’esistenza, e, per venire ai giorni recenti, a smontare il mito dell’Anfield road, vincendo, prima squadra della storia italiana pallonara, contro il Liverpool 2 a 1 nel 1992.
Se il Bignami appena elencato non Le risultasse completo aggiungo i cognomi di De Prà e Stabile, di Levratto e di Abbadie, di Roberto Pruzzo e di Mario Corso o Claudio Sala o Bruno Conti o Signorini, tutta gente che da Genoa è passata non per ventiquattro ore, nel senso di piccola valigia.
Ecco, questa, con una specie di iniezione intramuscolare, è stata la storia del Genoa che oggi, tuttavia, è soltanto cronaca, anche fastidiosa e grave, visto e letto quello che sta accadendo nei carrugi e in altri siti del golfo. Genoa è stato l’inizio del calcio italiano, Genova per noi che non veniamo dalla campagna, era e resta comunque in A, B, C o calcio a 5, una città bellissima, con uno stadio un po’ cupo dove comunque il football ha saputo riscaldare cuori di ogni dove.
Chi confonde le due cose, squadra e città, si sbaglia. Genoa conserva i suoi almanacchi, i suoi album di fotografie. Il resto è fuffa.

O riferendomi a un articolo a Lei caro, un giocattolo finito in pezzi.

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