Stile

L'Inferno di Gucci è davvero un paradiso

Fumo, campane e sontuose sfumature di colore incanta l'anarchia estetica di Alessandro Michele

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Arles L'inferno guccesco di Arles è un paradiso d'immagine e creatività. Alessandro Michele parla di «anarchia estetica» ma nell'indimenticabile collezione Gucci Cruise 2019 presentata l'altra sera ad Arles, nella necropoli romana di Alyscamps, c'è molto di più. Alle tre grandi domande «Chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo», l'immaginifico designer romano risponde con dubbi e convinzioni sostanziali, una superba messa in scena di un Aldilà tanto romantico quanto plausibile. La sfilata inizia con una colonna sonora poco rassicurante: il lugubre canto dell'upupa e i rintocchi della campana a morto.

La musica sacra s'innesta come per magia su questi suoni trasformandoli in un bellissimo inno alla vita. Al centro della scena ci sono gli scavi intorno alle rovine della chiesa di Sant'Onorato da cui si levano fiamme e vapori come dal fondo dello Stige. Modelle e modelli camminano lungo il viale alberato della cosiddetta «promenade des Alyscamps» (la passeggiata dei Campi Elisi nell'antica lingua provenzale) illuminato da un chilometrico ruscelletto di fuoco. È un'immagine forte ed estremamente suggestiva, sembra che i personaggi della Divina Commedia illustrata da Gustave Doré prendano vita sotto gli occhi dei 400 invitati provenienti da tutto il mondo. La prima cosa che noti sono i colori: vivi e pieni di energia con diversi toni di rosa (dal confetto del primo tailleur da donna al cipria di un paio di jeans da uomo con lunghe file di fibbie sui lati) e sontuose sfumature di verde smeraldo o blu pavone.

Ci sono capi di rara bellezza come una cappotto blu con la bottoniera circondata dalla classica passamaneria bicolore del marchio delle due G, oppure come i cardigan in nappa da guanto sempre profilati dal mitico nastro in gros grain. Passa una magnifica dama in abito da sera verde con in testa un'incredibile parrucca a ricciolini settecenteschi e un lungo giglio d'argento in mano. Non è la sola rappresentazione di una bella vedovella settecentesca: alcune ragazze hanno addirittura un gioiello sulla faccia che riproduce fiumi di lacrime, mentre i ragazzi in qualche modo fanno pensare a dei bambini che giocano a fare le rock star. Ovunque compaiono croci. Tenute in mano oppure appuntate su questi abiti che in realtà sono archetipi del vestire contemporaneo, volutamente lontani dai vincoli delle tendenze, del genere, del caso e della necessità. Su alcune borse come su molte felpe compare la scritta «Chateau Marmont» l'hotel costruito a Los Angeles nel 1929 in cui trovò la morte John Belushi negli anni Ottanta. Su una felpa c'è anche l'immagine del fauno che decora la fontana nel giardino dell'albergo che piace alle star da Gloria Swanson in poi.

Dentro un cappotto sono stampati i versi che Dante ha dedicato ad Alyscamps nel IX canto dell'Inferno paragonando questo non luogo unico al mondo alla città di Dite dove sono puniti gli eretici e dove compaiono le Gorgoni tra cui Medusa. Inevitabile pensare a Versace, anche perché tra il pubblico c'è Elton John che dopo lo show offrirà un memorabile concerto con rielaborazioni dal vivo dei suoi brani migliori: da Your Song a Rocket Man. «Doveva esserci Lana del Rey, ma dovrete accontentarvi di me» dice l'insuperabile baronetto che agli amici confida di aver conosciuto solo un altro stilista con la stessa energia creativa di Michele: il grande Gianni. «Non è bravo ma bravissimo» rincara la dose Christian Lacroix, adorabile designer arlesiano uscito di scena dalla moda, ma sempre nel cuore di chi la ama davvero. Tutti d'accordo, dunque.

A cominciare dal pubblico che ha portato il fatturato di Gucci all'astronomica cifra di sei miliardi e 200 mila euro.

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