Cultura e Spettacoli

«L'Italia in cammino»: elementi di disunità in 150 anni di storia

Donzelli ripubblica il volume dello storico Gioacchino Volpe che esamina l'Italia liberale evidenziando la tendenza dello Stato post risorgimentale a trovare tendenze di frantumazione senza riuscire a creare una classe dirigente stabile ed efficiente.

«Abbiamo fatto l'Italia, ora bisogna fare gli italiani» ebbe un tempo a sentenziare Massimo Taparelli D'Azeglio commentando il compito che il Risorgimento, ormai compiuto, avrebbe preteso. Si apriva in quegli anni un periodo cruciale per la storia nazionale e a valutarlo sarebbe stata, in seguito, sottoposta al giudizio degli storici. Era l'Italia liberale, un troncone di storia che abbracciò un periodo molto lungo e che Benedetto Croce e Gioacchino Volpe, più di altri, ebbero poi ad esaminare tracciandone profili diversi e conclusioni differenti. Se per il filosofo di Pescasseroli quella stagione storico-politica rappresenta di fatto una fase virtuosa messa a repentaglio dall'avvento di un regime illiberale e totalitario, l'analisi di Volpe (che fu docente di storia moderna, aderì al fascismo e fu deputato al parlamento dal 1924 al 1929) risulta più articolata in una ben precisa chiave che ne fa tuttora un volume di grandissima attualità.
«L'Italia in cammino» (Donzelli editore, pp.200, euro 27), pubblicato nel 1927 e poi rieditato successivamente nel 1973 e nel 1991 prima di questa versione curata da Salvatore Lupo per Donzelli, è un libro dedicato ai giovani che guarda alla storia di casa nostra con un occhio attento che sembra rifarsi alla celebre frase di D'Azeglio. Per Volpe infatti l'Italia liberale è un vischioso processo storico ancora in corso nel '27, anno in cui egli scrive e nel quale firma la prefazione al libro consegnandone il messaggio nelle mani della generazione emergente. La tesi di Volpe è precisa, dopo la costruzione dello Stato, l'Italia liberale si presenta ai suoi occhi come un periodo cruciale e contraddittorio perché le spinte che portarono all'unità della nazione si scontrarono con una serie di resistenze da lui considerate una costante che attraversa tutta la storia italiana dall'antichità ai suoi tempi. E tutt'oggi - potremmo aggiungere noi - se ne avvertono ancora gli echi. E' la tendenza alla frantumazione.
Si tratta di un fenomeno tutto italiano che ha contrassegnato da sempre i momenti più vitali e vivi della storia nazionale, fin dal Medioevo, era della frammentazione per eccellenza. Questo fenomeno ha sempre prodotto l'effetto di ritrovarsi una borghesia debole e dispersa che, dopo il Risorgimento, tocca al nuovo Stato saper fondere in una classe dirigente nazionale. Nella sua attenta trattazione, Volpe cerca addirittura di rispondere ad alcune domande importantissime cercando di comprendere, ad esempio, quali elementi abbiano costituito un ostacolo alla creazione di una classe dirigente stabile ed efficiente. Un interrogativo terribilmente attuale ancora oggi dal momento che spinte separatiste sono rimaste in atto non solo negli anni successivi a quelli in cui Volpe scrisse, ma restano tuttora evidenti nelle pieghe della nostra società dei primi decenni del XXI secolo.

E proprio in questa prospettiva viene da domandarsi quale significato può essere attribuito al cammino dell'Italia non più a cinquant'anni ma a centocinquant'anni dalla sua fondazione quali l'anniversario che la nazione si appresta a celebrare nel 2011.

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