Controcultura

L'utopia di Monte Verità. Gli hippie in bianco e nero

Ascona, dentro la comunità naturista di primo '900 Fra testimonianze della storia, Suv e hotel Bauhaus

L'utopia di Monte Verità. Gli hippie in bianco e nero

nostro inviato a Ascona (Svizzera)

La Verità non è così distante. Il navigatore dà un'ora e 45 da Milano, corso Magenta: l'asse è Como-Mendrisio-Lugano. Oppure, secondo Google maps, un'ora da Stresa, e la strada del lungolago - il Maggiore, versante piemontese - è meravigliosa, passando da Cannero e Cannobio, dieci chilometri dal confine svizzero e un passo dal paradiso: i posti sono stupendi. O appena un'ora e 20 da Varese, scorrendo la sponda lombarda.

Comunque, alla fine: eccola la Verità. Un tempo si chiamava monte Monescia, bassa collina sopra ad Ascona, Canton Ticino, Svizzera, 320 metri sul livello del mare, una terrazza naturale sul lago Maggiore, sette minuti di auto dalle gioiellerie e da Piazza Grande di Locarno. Poi il nome è diventato Monte Verità, da quando - ai primi del '900 - qui nacque una rivoluzionaria e pacifica comunità di persone che aspiravano al naturismo, al vegetarianesimo, al protofemminismo, fra istanze teosofiche e la ricerca della Conoscenza. Che è l'altro versante della Verità.

Salendo da Ascona, sono appena due tornanti. Metà pomeriggio di un giorno qualunque, ponte fra Pasqua e il Primo Maggio, tra la domenica e la vacanza: sembra che il luogo segua un tempo rallentato, da sempre. È appena terminato di piovigginare. In giro solo qualche ricco turista - ad Ascona sono tutti ricchi - americani, giapponesi, russi, gli svizzeri italiani e pochi italiani d'Italia. Tutti in cerca della Verità, dall'alfa all'Omega, intesa come orologeria svizzera di lusso.

Oggi il Monte Verità è un complesso alberghiero con un'ottantina di posti letto suddivisi in diverse strutture, all'interno di un parco di 70mila mq: l'albergo storico, pura scuola Bauhaus, con i suoi arredi razionalisti, un gioiello che da solo vale la visita, realizzato negli anni 1927-29 dall'architetto Emil Fahrenkamp su incarico del barone tedesco Eduard von der Heydt, banchiere e collezionista d'arte, ultimo proprietario della collina prima del governo del Canton Ticino. Poi la stravagante Villa Semiramis, costruita nel 1909 in stile Art Nouveau dal torinese Anselmo Secondo. Tre «case nel bosco» (affittabili), tra una capanna aria-luce originale del 1904 e ciò che resta delle antiche docce d'acqua piovana. La Casa dei Russi, il cui nome rende omaggio alla presenza di numerosi studenti al Monte Verità scappati dopo il 1905 dal loro Paese. E il Museo di Casa Anatta, uno chalet del 1904, muri in legno e soffitti a volta, che ospita la storica esposizione Le Mammelle della verità curata da Harald Szeemann nel 1978 sulla storia - e la leggenda - di un luogo che come pochi altri nel corso del '900 (si dice anche per le magie geologiche del sottosuolo) ha attirato un numero così elevato di personalità alternative. Vegetariani, anarchici, teosofi, digiunatori, apostoli del pacifismo, tutti profeti di una nuova umanità e avanguardia di una controcultura che già allora, all'alba della modernità, nel trionfo dell'industrialismo, avvertiva tutti i pericoli della nascente civiltà della Tecnica. Swiss revolution. E da qui passarono anche Carl Gustav Jung, Károly Kerényi, Hermann Hesse, Marianne Werefkin, Alexej Jawlensky... Vigneti, meditazione, Inconscio e poesia.

L'albergo oggi è silenzioso. Ma sempre è così. La quiete del corpo e dell'anima è cara ai primitivi come ai neoricchi. Accanto ci sono il giardino Zen e la Casa del tè. Davanti, il prato: chaise longue di design per rivivere i bagni di sole e di luce, e un tortuoso sentiero incastonato nell'erba dalla mosaicista Oppy De Bernardo: un Mandala di 2,5 metri di diametro, in vetri e murine di Venezia, che tocca tutti i punti energetici presenti nella terra. Ci fu un tempo in cui i monteveritani danzavano nudi, oggi ci si fa un selfie tra il Bauhaus e lo scintillio del lago.

Ci fu un tempo in cui un gruppo di uomini e donne, dal nord Europa, arrivarono fino a qui perché volevano cambiare stile di vita, vestiti con camicioni o di niente, capelli lunghi e amore libero, cibandosi di erbe e frutti. Apocalittici, contro ogni integrazione. Solo molti anni dopo il Sessantotto avrebbe partorito i Figli dei fiori. E solo il conformismo di massa avrebbe inventato la vegetarian diet. Avevano il culto della vita primitiva, anticiparono la parità dei sessi, professavano una religione neopagana. Danze vibranti, occultismo, elioterapia, crudismo e pensieri utopici.

Da qualche anno il complesso del Monte Verità ospita un centro congressi. Meeting, business e filosofia green. Temi delle conferenze: «Gestione della biotrasformazione microbica dei contaminanti ambientali». Ma anche «Libertà e paura: la metafisica del populismo». Fra il 31 maggio e il 2 giugno ci sarà la «Festa della raccolta del tè verde». E al bookshop del museo vendono il romanzo breve di Hermann Hesse Monte Verità e Il giardino della conoscenza di Armand Schulthess, studi sui labirinti e le avanguardie storiche (qui vennero anche i dadaisti Hugo Ball e Hans Arp), il romanzo di Edgardo Franzosini Sul Monte Verità (è uscito nel 2014 dal Saggiatore) e l'edizione tedesca del saggio Der Traum vom alternativen Leben beginnt di Stefan Bollmann, che esce adesso in italiano col titolo Monte Verità. Il primo sogno di una vita alternativa (Edt).

Il sogno, raccontano le cronache, iniziò tra il 1901 e il 1905, quando Henri Oedenkoven, ventenne, figlio di un ricco industriale di Anversa; Ida Hofman, trentacinquenne, insegnante di pianoforte, destinata a diventare la sua compagna, e la sorella Jenny; i due fratelli Gräser: Karl, ex ufficiale dell'esercito austro-ungarico, e Gustav, pittore con una spiccata tendenza al nomadismo; assieme alla giovanissima Lotte Hattemer, una scappata di casa, sedotta dall'esoterismo, diedero vita a una colonia «vegetabiliana» sul Monte Verità. Il nuovo secolo era appena iniziato e quello vecchio era già sul letto di morte. Sacerdoti laici di un culto della vita primitiva, i sei fondatori cominciarono a predicare: «Cerca la verità», «Spogliati», «Vivi in anarchia», «Diventa chi sei». E in pochi anni richiamarono un gruppo eterogeneo di «uomini nuovi». Nudisti, eremiti, digiunatori... La situazione eccezionale diventò la regola, il comunismo diventò comunitarismo. E, cercando la Verità, le si costruì attorno un monte sacro, luogo totemico e misterioso. Praticavano la vita primitiva. Poi, come sempre succede, il capitalismo rispose con un colpo di coda. Arrivò il barone Eduard von der Heydt, banchiere e collezionista. Amava così tanto l'arte... Giù la «Casa per gli ospiti» in rami e pietra, su l'albergo Bauhaus in vetro e acciaio. E il Monte Verità diventò un centro esclusivo per il wellness. Dove siamo noi, ora.

La vista, dalla terrazza del ristorante, dopo che la pioggia ha lavato il cielo, è splendida. Sotto, dove i primi monteveritani avevano alzato le paratie in legno per ripararsi dai curiosi, sono parcheggiate due Audi e una Porsche Macan. Targate Ticino. Ieri era una montagna per hippie.

Oggi un resort per l'élite.

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