Roma

Al Macro Buren e il suo specchio rivelatore

TRE COLORI Nel museo di via Reggio Emilia, un’installazione permanente dell’artista parigino che dialoga con la nuova ala disegnata da Decq

Un «Belvedere» di lastre specchiate, trafitte da losanghe a fasce trasversali bianche, su cui si affacciano tre porte dai colori primari: specchi che riflettono non una ma mille realtà, tante quante le occhiate che i visitatori del Macro lanceranno, fermandosi col naso all’insù, per osservare il balcone affacciato nella hall del Museo d’Arte Contemporanea di Roma. Da ieri, il museo di via Reggio Emilia ospita una nuova opera, l’installazione permanente realizzata e concepita per il Macro da Daniel Buren, pittore e scultore maestro del contemporaneo, il quale ha accettato di partecipare alla rinascita della nuova ala museale progettata da Odile Decq con un’opera ribattezzata «Danza tra triangoli e losanghe per tre colori». Un ponte sospeso e riflettente che lo schivo maestro parigino ha accettato di realizzare perché stuzzicato dalla possibilità di lasciare un segno tangibile in questo nuovo spazio dedicato agli incontri dell’arte. «La prima cosa che ho pensato quando mi è stato chiesto di realizzare un’installazione è stata: riuscirò a superare le difficoltà? L'uso dello specchio nella verticalità può creare qualche problema ma tecnicamente mi pare tutto a posto», scherza il maestro. Una scelta, quella della superficie riflettente, che è strettamente legata alla natura dell’opera e alla scintilla creativa di Buren. «Inizio sempre i miei lavori partendo da un caos mentale che lentamente si chiarisce. È impossibile, per me, dire come nasce un’idea. Stavolta mi ha ispirato la struttura del luogo. Lo specchio consente di vedere ciò che l’occhio non vede direttamente, si vedono le cose che stanno dietro di noi, la parte di esistenza che purtroppo non notiamo. L’ultimo paradosso è che questo lavoro si vedrà solo uscendo dal museo».
L’opera, collocata al di sopra dell’entrata attuale del Macro, davanti alle passerelle sospese tra le sale espositive all’altezza del primo piano, è visibile anche dalla nuova ala del museo. «È una sorta di danza di luce e forme che dialoga con gli spazi architettonici e il cielo - spiega il direttore del museo Luca Massimo Barberio -. Un museo, infatti, è sia l’energia del pubblico sia la collezione. Chiesi a Buren di realizzare l’installazione in una fase di entusiasmo sfacciato. Io sono un grande fan di Buren e sognavo che il maestro intervenisse nello spazio che noi addetti ai lavori chiamiamo il Belvedere, un non luogo che cattura lo spazio. È quello l'inizio del nuovo Macro».

Il museo, che chiuderà il 6 aprile per un aggiornamento degli spazi, riaprirà il 27 maggio con una programmazione in dialogo con l’opera di Buren.

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