Cultura e Spettacoli

Marshall McLuhan, il sociologo incompreso

Nel centenario della nascita dello studioso canadese, ingiustamente trascurato e snobbato in vita, esce una biografia che ne delinea la vita e il pensiero dopo la sua rivalutazione con l'avvento del nuovo secolo

Il binomio «villaggio globale», frequentatissimo oggi e sulla bocca di tanti esperti della comunicazione, rappresenta una piccola parte del pensiero di uno dei più autorevoli sociologi del secolo scorso, il canadese Herbert Marshall McLuhan del quale ricorre dopodomani il centenario della nascita avvenuta ad Edmonton nel 1911. Tuttavia, come spesso capita anche ai geni, non fu capito. E, negli anni in cui visse e insegnò in varie università americane e inglesi, venne spesso sottovalutato dal mondo della cultura che oggi, dopo oltre trent'anni dalla morte, nel 1980 a Toronto, ne acclama il pensiero. E ne riconosce la validità indiscussa oltre che l'originalità e la capacità di aver intuito anzitempo gli sviluppi e la profondità di vedute, proiettata in un futuro che, all'epoca, sembrava avveniristico e prematuro. Al punto che McLuhan arrivò perfino a recitare se stesso, forse nel più celebre film di Woody Allen, che valse al regista newyorkese ben quattro Oscar nel '78. In quell'occasione il sociologo fece una comparsa. La scena si svolgeva all'entrata di un cinema in cui un tizio, per far colpo sulla ragazza con la quale si intrattiene, cita proprio una frase di McLuhan. Questi, inizialmente non individuato, ascolta e poi osservando direttamente quello sconosciuto lo apostrofa: «Lei non ha capito assolutamente nulla del mio lavoro».
La specializzazione di McLuhan era la comunicazione e i mass media, un settore in grande espansione che lasciava prevedere sbocchi importanti e giustificava studi e riflessioni anche a livello scientifico. A tratteggiare la sua vita e il suo pensiero, in occasione della centenaria ricorrenza, arriva il volume «Marshall McLuhan - La biografia dell'uomo che aveva previsto il futuro» (Isbn editore, pp.208, euro 19) che ripercorre le tappe degli studi del sociologo che coniò appunto il binomio di «villaggio globale» prefigurando, in anticipo nei decenni, lo sviluppo tecnologico che avrebbe portato appunto a un villaggio globale in cui molte frontiere, a livello della comunicazione, si sarebbero sgretolate. Si riferiva agli effetti che le trasmissioni satellitari avrebbero avuto sul modo di osservare la televisione. Distanze improvvisamente accorciate. Contemporaneità anche laddove sarebbe sembrato impossibile aspettarsela o pretenderla. Il villaggio, insomma, si allargava a dismisura. Diventava globale. Internet avrebbe completato il percorso. E globalizzazione sarebbe diventata la parola d'ordine del nuovo millennio.
Ma sarebbe perfino riduttivo limitare la figura di McLuhan a queste due, pur emblematiche, parole. Fu lui il teorico dei media caldi e freddi, della distinzione che essi avrebbero avuto in ambito sociale e delle potenzialità che rivestivano. Ma soprattutto della partecipazione che suscitavano. Le categorie non erano rigide, più volte lo stesso McLuhan sembrò inserire nell'una o nell'altra organi informativi che per alcune caratteristiche potevano sembrare «freddi» e per altre invece sembravano compatibili con quelli «caldi». Partecipazione all'informazione e definizione dell'informazione erano i criteri che permettevano di distinguere i varia media, quelli che a un tempo si configuravano anche da un punto di osservazione completamente differente. Ossia la prerogativa di risultare talmente pervasivi nell'ambito della comunità sociale da far ritenere a McLuhan che, in fin dei conti, il medium era il messaggio. Non che il medium trasmettesse un messaggio. Era l'ammissione che un mezzo di comunicazione, diventato particolarmente importante e al tempo stesso la molla scatenante dell'immaginario collettivo, diventava messaggio esso stesso. McLuhan che aveva sovvertito l'ordine costituito della sociologia imperante nella stessa misura in cui aveva sovvertito la fede, convertendosi al cattolicesimo, era troppo in anticipo sui suoi anni. Nessuno lo aveva compreso. Forse per questo il mondo universitario sembrò snobbarlo. E forse proprio per non essere mai stato capito, se non solo in anni recenti, diventò l'icona di se stesso per Woody Allen. Ora forse il tempo gli rende giustizia. Ma McLuhan non ha mai compiuto cent'anni.

Anche se dopodomani ricorrono.

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