Fiera Milano

TuttoFood spinge l'export Martina: obiettivo 50 miliardi entro il 2020

Il ministro delle Politiche agricole in visita a Fiera Milano: "A giugno partirà il piano straordinario che gli operatori aspettavano da tempo e interesserà mercati consolidati, emergenti e nuovi. I top buyer esteri confermano l'interesse per i prodotti made in Italy sempre più richiesti dai consumatori. E in Cina dicono: "Basta mozzarelle fatte in Australia"

TuttoFood spinge l'export Martina: obiettivo 50 miliardi entro il 2020

TuttoFood, la Milano World Food Exhibition in corso nei padiglioni di Fiera Milano a Rho fino a mercoledì 6 maggio è non solo una vetrina internazionale di primo piano per aziende e prodotti dell’agroalimentare italiano, ma anche e soprattutto la vetrina di quello che il settore rappresenta per la nostra economia con il 15 per cento del Pil e soprattutto - guardando al futuro - in termini di export che oggi vale 33 miliardi euro. Tema, quello dell’export che vede l’impegno del governo, delle aziende, delle piattaforme espositive come TuttoFood, sottolineato dal ministro per le Politiche agricole Maurizio Martina, che ha visitato la manifestazione accompagnato dall’amministratore delegato di Fiera Milano Corrado Peraboni.

“Sull’agroalimentare possiamo costruire un punto di svolta per l’economia italiana, puntando sull’internazionalizzazione. L’obiettivo dei 50 miliardi di euro di export al 2020 è alla portata, anche grazie al piano straordinario che partirà a giugno: uno strumento che gli operatori aspettavano da tempo”, ha detto il ministro Martina, che ha aggiunto: “Il piano seleziona tre fasce: i mercati consolidati, gli emergenti e i nuovi. A giugno presenteremo anche il segno unico distintivo agroalimentare. Stiamo completando i vari tasselli di una strategia di riposizionamento e manifestazioni come TuttoFood possono fare la differenza. L’Italia non può prescindere da una sinergia pubblico-privato”.

E quando si parla di mercato occorre fare una distinzione, c’è il mercato globale e l suo interno ci sono i “mercati”, con le loro specificità, culture e stili alimentari e di consumo ai quali ci si deve rivolgere tenendo conto delle loro specificità e diversità. Che esista questa esigenza lo confermano i top buyer internazionali selezionati anche grazie al supporto di Ita-Italian Trade Agency nello scouting in numerosi Paesi accompagnato da azioni di promozione congiunte su cinque Paesi target: Usa, Canada, Giappone, Regno Unito e Australia.

“Nei nostri mercati forti, Francia e Germania, il cibo italiano è popolare da decenni – afferma Cédric Duperray, responsable gourmet di Galeries Lafayette (Germania) – ma oggi i consumatori ci richiedono specialità sempre più ricercate, come la burrata o l’olio tartufato. Più in generale, vogliono prodotti che si prestino a un cooking raffinato e internazionale”. In Cina la sfida è coniugare quantità con qualità, come spiega Peng Zheng, logistics manager di Tube Station, una delle più grandi catene di pizzerie del Paese con 15 locali solo a Pechino: “Attualmente acquistiamo solo di mozzarella 12 tonnellate l’anno in Australia. Siamo qui per spostare questi acquisti sull’Italia. Il nostro obiettivo è usare solo ingredienti italiani: la nostra catena si rivolge soprattutto a 30-40enni colti e con elevato potere d’acquisto che viaggiano in Occidente e sanno valutare la differenza tra una specialità originale e un’imitazione”.

“In India il brand Italia è sinonimo di qualità e di status – commenta Sanjay Tandon, managing director di Epicure Frozen Foods and Beverages –. Fra i prodotti più promettenti ci sono i formaggi: sconosciuti fino a poco tempo fa al mercato indiano per ragioni climatiche, ora sono sempre più popolari al punto che il grana padano rappresenta da solo il 25% del valore delle nostre importazioni dall’Italia”.

Esigenze diverse invece nei mercati del Medio Oriente, come spiega Vahid Esmaeili, sales manager di Aal Mir Trading Co. di Dubai: “Il nostro canale Ho.Re.Ca è caratterizzato da una forte presenza di ristoranti italiani che hanno contribuito a innalzare la consapevolezza nei consumatori. I cibi italiani sono più genuini e naturali di molti altri e i nostri clienti lo apprezzano molto. Oggi ci richiedono soprattutto i prodotti da forno e ritengo che ci sia spazio anche per i drink analcolici, soprattutto naturali”. Ed entra in gioco la preparazione delle imprese nel capire se i prodotti sono adatti a questi mercati o se occorrono “varianti” e aggiustamenti. Ad esempio, aggiungono i top buyer di Dubai Jose Jacob, general manager sales di Richesse e Paul George, general manager di Oasis Foods International: “Ci siamo sentiti proporre degli aceti balsamici per poi scoprire che contengono alcool o speck, per poi scoprire che è fatto con carne di maiale. Gli operatori italiani dovrebbero essere più formati sulle limitazioni dei mercati medio-orientali”.

Problema complesso ma la cui soluzione può arrivare dalla semplificazione del quadro legislativo. Tema al centro del convegno Operazione Semplificazione, organizzato da Aidepi, l’Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane in collaborazione con Mipaaf e Ispettorato Centrale della Tutela delle Qualità e Repressione Frodi, Sistema Informativo Nazionale, Ministero per lo Sviluppo Economico e Agenzia delle Dogane e dei Monopòli. La nuova regolamentazione interesserà almeno 100 mila aziende e prevede la “dematerializzazione”, ovvero il passaggio dal cartaceo al digitale di tutti gli adempimenti per una serie di prodotti riservati esclusivamente all’esportazione. Il rispetto delle norme diventerà più semplice, abbattendo molti costi e tempi incoraggiando anche le aziende più piccole a investire e scommettere sui mercati esteri.

Per saperne di più: www.tuttofood.

it, @TuttoFoodExpo, #TuttoFood2015.

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