Roma

«Mi ha respinto, ecco perché l’ho uccisa»

«Ho perso la testa, mi sono sentito rifiutato. Allora non ci ho visto più. Le ho messo le mani addosso, l’ho riempita di pugni in faccia e poi l’ho strozzata». Ha confessato all’alba di ieri Leopoldo Ferrucci, 42 anni, interrogato per ore nella caserma di via in Selci dai carabinieri di Ostia e dal nucleo operativo dell’Arma.
L’assassino di Anna Maria Tarantino, dipendente dell’Unicredit di via del Corso, giornalista pubblicista collaboratrice de «Il Tempo», è un autotrasportatore violento, «ignorante» sottolineano gli inquirenti, «una bestia». E da «bestia» il camionista di Capena ha brutalmente messo la parola fine a una relazione mai cominciata con la donna 44enne, conosciuta tempo addietro in pieno centro. Ferrucci aveva aiutato Anna Maria a trasportare alcuni mobili dal suo appartamento a una casa vicina che la vittima voleva affittare a studenti. L’uomo, separato e con un precedente penale per furto, se n’era innamorato. Un’infatuazione non corrisposta. Domenica pomeriggio Anna, che aveva l’auto con una gomma a terra, gli chiede di accompagnarla all’Ikea per trasportare alcuni mobili da acquistare. Sono passate le 18 quando i due partono dall’Eur a bordo del Fiat Doblò di Ferrucci. Ma al mobilificio non ci arriveranno mai.
Leopoldo devia per una zona isolata sull’Appia Nuova. Tenta un approccio a cui Anna Maria si ribella. Cerca di spogliarla dei pantaloni a «pinocchietto» che la donna indossa. Lei reagisce, prova a fuggire, urla. Ma non la sente nessuno. A quel punto l’uomo, come lui stesso racconta agli inquirenti, la zittisce per sempre. La picchia, poi le mani sul collo fino alla morte. Sono le 19 di domenica. Nemmeno 24 ore dopo Anna Maria avrebbe dovuto presentare il suo primo libro autobiografico «Soffio di Vita», sulla mamma morta dopo una lunga e straziante malattia. Ma non andrà mai all’appuntamento.
Ferrucci riaccende il motore del furgone e si avvia a tutto gas verso casa. Si ferma in un fondo agricolo, zona Pian dell’Olmo, di Riano. Un’area frequentata da coppiette: spera di confondere gli investigatori, di depistarli. Lunedì pomeriggio un architetto che passeggia a cavallo fa la macabra scoperta. Intanto l’ex fidanzato di Anna Maria, preoccupato, denuncia la sua scomparsa. Ci vogliono tre giorni perché si possa dare un nome a quel cadavere. Niente documenti, spariti gioielli e altro utile al riconoscimento. Manca anche il cellulare ma i tabulati telefonici parlano chiaro: domenica Anna Maria ha chiamato e ricevuto telefonate dal camionista. Sulle prime l’uomo nega: «Ero a Capena, non mi sono mosso da lì». Poi crolla. Da chiarire se abbia anche derubato la poveretta di alcuni quadri misteriosamente scomparsi dal suo appartamento.


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