Controcultura

"La mia nuova eroina è una Jane Austen del Ventesimo secolo"

Vent'anni dopo «La ragazza con l'orecchino di perla», ecco «La ricamatrice di Winchester»

"La mia nuova eroina è una Jane Austen del Ventesimo secolo"

T racy Chevalier è a Venezia, per la precisione «sull'isola del vetro», a Murano: «Dove vivrà la mia prossima protagonista». Si chiamerà Ursula Russell, un personaggio inventato, al centro di una storia che ruota intorno «alle perle di vetro veneziane e a una famiglia che le produce, seguita attraverso numerosi secoli». L'idea di occuparsi delle perle di vetro gliel'ha suggerita un fan italiano incontrato in America dieci anni fa, mentre la scelta di ambientare un romanzo a Venezia «un po' è una scusa, per poter stare qui, un po' è un modo per mantenere la promessa fatta anni fa ai miei lettori, a Mantova, che avrei scritto un romanzo con l'Italia come sfondo». Da Murano, l'autrice di La ragazza con l'orecchino di perla, bestseller che festeggia i vent'anni dalla prima pubblicazione in Italia per Neri Pozza (editore di tutti i libri della scrittrice, che è nata a Washington nel '62 e dal 1984 vive a Londra) si sposterà a Milano, per presentare, domani, il suo nuovo romanzo, La ricamatrice di Winchester (pagg. 288, euro 18; All Saints' Anglican Church, via Solferino 17, ore 18,30; martedì, ore 13,30, Feltrinelli Duomo). «Amo scrivere delle cose che vengono create, dei colori...» dice. Come le perle di vetro l'hanno ispirata per il futuro romanzo, così in quello appena scritto, La ricamatrice di Winchester, sono stati dei cuscini, ricamati dalle donne della cittadina inglese per la Cattedrale negli anni Trenta del secolo scorso, a dare vita a una nuova storia al centro della quale c'è Violet, una donna single già considerata «zitella» a 38 anni, che cerca la propria strada e la propria identità, e la troverà anche grazie a quei ricami...

Come ha scoperto le ricamatrici di Winchester?

«Da tempo volevo ambientare un romanzo in una cattedrale, perché le amo molto. Quando ho visitato quella di Winchester ho notato i cuscini e gli inginocchiatoi nelle file del coro e mi hanno colpito subito: sono bellissimi, e sono ancora in uso. C'era anche una piccola mostra».

Che cosa l'ha interessata tanto in quei cuscini?

«Erano l'unica cosa che fosse stata fatta dalle donne, in quella cattedrale grandiosa; così ho voluto investigare un po' di più su quel gruppo di volontarie, per comprenderne le dinamiche. All'inizio pensavo a una satira, poi il personaggio di Violet, l'eroina, ha reso tutto più serio: lei è single, e mi sono ritrovata a fare ricerche sulle cosiddette surplus women».

Chi sono queste «donne in eccedenza»?

«È un termine che ha una sfumatura negativa, al quale, però, volevo dare un senso positivo. Dopo la Prima guerra mondiale, in Gran Bretagna c'erano due milioni di donne in più rispetto agli uomini, molti dei quali erano morti in guerra. La società non è pronta, dal punto di vista del lavoro e dell'istruzione, a queste donne single; le quali, quindi, hanno grandi difficoltà a trovare un impiego e a mantenersi e, spesso, devono dipendere dalla loro famiglia d'origine».

E Violet?

«Mi sono detta: perché non creare un personaggio che cerca di diventare indipendente e di migliorare la propria vita, oltre i cliché e l'immagine negativa?».

Proprio nella cattedrale di Winchester è sepolta Jane Austen, che non si sposò mai e fu costretta a dipendere dalla sua famiglia per sopravvivere e scrivere i suoi libri.

«Sì, in qualche modo la situazione di Violet è quella di una Jane Austen del Ventesimo secolo. Ogni volta che vado a Winchester vado a porgerle i miei rispetti: sarei curiosa di sapere che cosa scriverebbe oggi Jane Austen...».

La guida del gruppo è Louisa Pesel, una donna mentalmente molto aperta e libera. Era davvero così nella realtà?

«È strano mi faccia questa domanda perché, all'inizio, pensavo che avrei scritto proprio su di lei. Ma ho troppo rispetto per questa donna, vissuta realmente, mentre io ho bisogno di inventare un personaggio con cui fare quello che voglio... Lei comunque è il compasso morale del romanzo, e influenza molto Violet».

Che eroina è Violet?

«È un personaggio che cambia, e scopre il coraggio nelle cose quotidiane: chiedere un aumento al capo, rifiutarsi di fare qualcosa, dire di sì a ciò che vuole davvero. Sperimenta le difficoltà di una donna sola in una società in cui dalle donne ci si aspetta che si sposino e abbiano dei figli, altrimenti perdono valore. Ed è spesso molto affamata, perché non ha soldi».

Oltre che con le ricamatrici, ha a che fare con il gruppo dei campanari.

«Volevo che Violet imparasse da loro a pensare per sé: suonare le campane è una sfida molto maschile, che impone di concentrarsi solo su quello che si sta facendo».

Ha provato a suonare?

«Non ho imparato, perché servono anni, è molto complicato. Ho ascoltato e osservato molte volte i campanari, li ho portati al pub a bere, ho parlato a lungo con loro e ho chiesto ad alcuni di ricontrollare le parti del romanzo che li riguardano».

Ha imparato a ricamare?

«Sì, quello è più semplice. Come Violet, ho ricamato una custodia per gli occhiali e una per gli aghi. Così ho potuto fare le descrizioni del suo lavoro in modo molto più accurato».

Lavora sempre così?

«Sì. Infatti ora andrò a fare delle perle di vetro con i soffiatori».

Dove trova ispirazione?

«Mi sono sempre interessata a ciò che le persone scelgono di creare o dipingere, a ciò che è destinato a durare, oltre loro stesse. Mi affascina. Anche il cuscino di Violet, quello con le ghiande e le svastiche, esiste, e l'ho visto a Winchester».

Fa molta ricerca?

«Abbastanza. Ogni volta devo ricreare un mondo in cui non vivo e scoprire qualsiasi tipo di dettaglio: com'è la cattedrale, come è stata fatta, che cosa indossavano le donne, che cosa avevano le persone in cucina, che cosa mangiavano, che odore si sentiva in un'auto. Ogni dettaglio, visivo e tattile, per me è importante».

Violet somiglia un po' a Griet, la ragazza con l'orecchino di perla?

«Credo siano simili, anche se l'ho capito solo dopo l'uscita del libro. Griet è giovane, ha 16-18 anni, Violet ne ha 38: è una sua versione più matura».

È vero che ha visto tutti i dipinti di Vermeer?

«Sì, ma non è stato così difficile, perché ne esistono solo 37, e otto sono a New York. Ora penso di aver trovato un nuovo obiettivo: vedere tutti i dipinti di Carpaccio, che sono 60, e si trovano tutti a Venezia. Il nome della mia prossima eroina, Ursula, viene dalla sua Sant'Orsola alle Gallerie dell'Accademia».

Il romanzo storico ha delle regole?

«Una cosa a cui presto attenzione è non far apparire i personaggi come se fossero contemporanei: devono sembrare autentici, rispetto alla loro epoca. E questo vale anche per le donne e la loro condizione, per quanto frustrante possa apparire ai nostri occhi. Cerco anche di rendere i dialoghi aderenti a come le persone parlavano, e poi c'è un'altra regola importante».

Quale?

«Se qualcosa è successo, o non è successo, non posso manipolarlo; quindi cerco fatti storici in cui ci siano molti buchi, così posso inventare ciò che voglio. Devi rispettare la verità, ma puoi riempire quei buchi con l'invenzione del romanzo».

Quando arriverà il nuovo libro?

«Datemi qualche anno... forse nel 2022. Intanto, a maggio, La ragazza con l'orecchino di perla diventerà un'opera, a Zurigo.

Un grande onore».

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