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Milan, ecco la rivoluzione di Allegri: da Ibra-dipendenti al trionfo dei mediani

Nell’ultimo Milan anche Pirlo non è più indispensabile. Il segreto nel mercato: Van Bommel e Cassano le chiavi. Seedorf, Zambrotta e Gattuso rilanciati dal tecnico. Yepes grande sorpresa. Da Mancini a Spalletti, i misteri del futuro Juve

Milan, ecco la rivoluzione di Allegri:  
da Ibra-dipendenti al trionfo dei mediani

Chissà se Massimiliano Allegri ha mai visto, negli ultimi mesi, quel film che è diventato un must, “Ogni maledetta domenica“ con la superba interpretazione di Al Pacino nei panni del magico motivatore. Di sicuro, lui e il suo Milan, hanno scalato proprio come Al Pacino «un centimetro alla volta le pareti» rocciose del campionato prima di arrivare a un passo dalla cima tricolore. «Attenti, dobbiamo stare ancora attenti, occhi aperti» ha ripetuto il livornese, ieri a passeggio per la sua città e protagonista del bagno di folla, allo stadio della sua gioventù, per valorizzare la finale del torneo dedicato a Rossano Giampaglia. «Per la Champions ci riproveremo, col Tottenham abbiamo dato tutto, nessun rimprovero ai miei» è stata la sua promessa.

Nel primo giorno in cui è stato possibile godersi il primato, l’erede di Sacchi, Capello e Zaccheroni (scudetto al primo tentativo) ha già prenotato la prossima missione che dovrà costruire, centimetro dopo centimetro, dalla prossima estate. «Se sono arrivato fin qui lo devo alla società che mi ha messo a disposizione il meglio che c’era sul mercato» è stato il suo omaggio a Silvio Berlusconi e a quel bilancio (meno 70 milioni) ripianato con un assegno senza far partire uno solo degli intoccabili. «Questa classifica è figlia del mercato di gennaio: se non avessimo fatto quelle operazioni, oggi non saremmo a questo punto, a 4 punti dallo scudetto» la riflessione di Galliani. Già, fu proprio una genialata cogliere al volo Van Bommel in rotta con Van Gaal al Bayern e così “rattoppare“ alla grande la falla aperta dagli infortuni di Pirlo e Ambrosini. Qualche mese prima, a Bari, Allegri aveva deciso di esorcizzare un altro tabù milanista. Era impossibile giocare addirittura, se non vincere, senza il contributo di Andrea Pirlo, riconosciuto leader del gioco prima che del centrocampo. Bene: in quel pomeriggio pugliese, Allegri scalò di molti centimetri la parete più complicata. Perchè con un centrocampo di mediani andò a segno e cominciò un altro Milan. Nessuno prima di lui si era spinto fino a tanto, nessuno aveva accarezzato l’idea di dirottare a sinistra Pirlo per non indebolire la trincea realizzata dinanzi alla difesa. Fu sempre una fortuna inseguita a fari spenti, l’inserimento tempestivo nella trattativa Cassano con la conseguenza di averlo a Milanello, a pochi euro, con qualche chilo di troppo, ma pronto a decidere una, due, tre, cinque partite, con gol e assist più importanti dei gol stessi.

Centimetro dopo centimetro, nello scalare le pareti, Allegri ha cambiato la vita oltre che la pelle del Milan. Leonardo gli aveva consegnato una banda del buco al posto di una difesa, e lui l’ha trasformata in una trincea di cemento armato, la più resistente, con 23 reti al passivo, senza reclutare fuoriclasse, cambiando Dida con Abbiati, valorizzando Abate, utilizzando persino Jankulovski e Zambrotta per colmare le lacune di Antonini e chiamando Yepes a diventare la strepitosa rivelazione della stagione. Nella tenuta del primato della classifica, il Milan di Allegri è stato diverso rispetto ai due precedenti tricolori milanisti. Con Zaccheroni, la marcia trionfale avvenne nelle ultime sette partite, con Ancelotti da gennaio a maggio 2004, prima c’era stata solo la Roma di Capello. Qui il Milan ha dato prova, finalmente, di continuità e di resistenza: ha vacillato dopo Palermo ma poi ha ripreso a marciare spedito, superando la curva a gomito più rischiosa del suo percorso. Già perchè anche l’etichetta (“Milan Ibra-dipendente“) che gli avevano appiccicato, un po’ per rispettare i numeri e le perfomances dello svedese, un po’ per rimpicciolire i meriti collettivi, è stata smentita in modo clamoroso. Senza Ibra ha piegato l’Inter nel derby, in modo largo. Senza Ibra nè Pato è uscito indenne dalla trappola di Brescia, affidando persino a Cassano e Robinho il compito di rimpiazzare i due specialisti del gol.

«Lungo la strada ho dovuto fare delle scelte ma ho avuto fortuna: quando ho avuto bisogno, tutti mi hanno dato il massimo» è stato il suo grazie al gruppo nel quale i guerrieri datati sono stati recuperati alla migliore efficienza. Facile scorrere l’elenco: Abbiati, Oddo (per un certo numero di sfide), Zambrotta, Jankulovski, Gattuso, Seedorf adesso prezioso come Ibra.

E per tutti, da Ronaldinho fino a Pato, la panchina non è mai stata il luogo del disonore ma solo il trampolino di lancio da cui ripartire.

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