Dopo due anni è senza nome l'assassino di Nicoletta Figini

Due Dna di origine balcanica trovati in uno scenario-messinscena In carcere solo l'ex socio della vittima, ma con l'accusa di pedofilia

A due anni esatti dal delitto non c'è più il negozio di telefonia gestito dalla vittima, il suo appartamento è stato venduto a nuovi proprietari ma, soprattutto, non c'è ancora un colpevole. E, a meno di un insperato colpo di scena la scomparsa di Nicoletta Figini - la vedova uccisa a 55 anni, nella notte tra il 18 e il 19 luglio 2013, nel suo appartamento di via Ramazzini, in Porta Venezia - è destinata a restare un mistero dai contorni tristi. Certo: anche quando non è avvenuto in una baracca di lamiere tra la feccia della società, un omicidio non è mai una bella storia. Talvolta però ci sono aspetti intriganti. O capita d'imbattersi in protagonisti e comparse che fanno venir voglia di essere analizzati, conosciuti il più possibile. Nel caso della povera Figini - legata come un salame con cavi di computer, pezzi di una tenda e lenzuola, asfissiata dal nastro adesivo con cui le avevano tappato la bocca - la vicenda personale di questa donna sola, benestante e con problemi di droga, trasuda però da subito una malinconia persistente, evidenziata da contraddizioni e anomalie.

Quando la mattina di venerdì 19 luglio la colf di casa Figini, incuriosita dalla porta d'ingresso insolitamente socchiusa e dalla tivù a tutto volume, trova il cadavere, l'appartamento signorile - al settimo e ultimo piano dello stabile - è a soqquadro, ma sembra non mancare nulla. Ovvero: nulla d'importante. Se i killer (sicuramente più di uno: Nicoletta pesava circa 80 chili e si è difesa strenuamente, ndr ) sono rapinatori, come tutto sembra far credere, non si sono portati via l'argenteria, hanno lasciato tre cellulari e non ha aperto la cassaforte. Per entrare nell'abitazione sono stati molto fortunati e hanno agito con determinazione. Una volta raggiunto il pianerottolo del settimo piano (ancora non si sa come), sono saliti lungo una piccola rampa di scale che conduce a una porta-finestra protetta, nella parte superiore, da una grata a maglie fitte. Quindi hanno tagliato con un tronchese la grata, hanno aperto la porta che da sul tetto, hanno individuato il lato dove c'è il balconcino di casa Figini, agganciando una corda munita di moschettone a un palo che regge un'antenna, si sono calati al settimo piano e infine hanno scardinato una tapparella chiusa che da in cucina. Non proprio un lavoro semplice: solo a raccontarlo viene il fiatone. E, cosa ancora più incredibile, nessuno nello stabile ha sentito niente. E allora, se fosse tutta una messinscena?

Dall'autopsia emerge un'agonia lenta (la donna è morta tra la mezzanotte e le 4 del mattino, ndr ), la difesa disperata di una vittima picchiata selvaggiamente. Sul cadavere ci sono tracce biologiche di tre uomini. Una corrisponde a una persona che aveva rapporti con lei, ma che viene esclusa da subito perché ha un alibi di ferro. Le altre due vengono confrontate con quelle di tutti gli uomini della sua cerchia di amici, parenti, conoscenti, ma risultano compatibili con le caratteristiche di maschi di origine balcanica. Altri esperti analizzano i quattro cellulari in uso a Nicoletta e anche i tabulati relativi alle conversazioni svolte quella notte nelle vie attorno a Porta Venezia. L'attenzione è fissata sulle persone proprietarie di telefonini che hanno caratteristiche in qualche modo simili a quelle cercate dagli investigatori: origini dell'Est Europa, denunce o precedenti penali per reati contro il patrimonio o la persona. L'elenco contiene una sessantina di nomi di teorici sospettati, manca però una banca dati dei profili biologici: gli inquirenti potranno confrontare i loro campioni con quelli di autori di reato solo man mano che se ne presenterà l'occasione. Per ora hanno fatto la comparazione già tre volte, senza risultati. L'unico a finire in carcere (ma non per l'omicidio) nel frattempo è stato un 47enne all'epoca socio al 50% di Nicoletta nel negozio di telefonia sotto casa.

La vittima aveva confidato ad alcuni amici, infatti, che l'uomo era invischiato in una storia di pedofilia con una 13enne. Interrogato, più volte, dal pm Mauro Clerici, l'ex socio però continua a dichiararsi estraneo al delitto di Nicoletta Figini.

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