Guerra in Ucraina

Perché andare a Kiev aiuterebbe la pace

In nome di una dubbia equidistanza Bergoglio non fa differenze tra buoni e cattivi ma se la prende con le armi. Ora da parte sua servirebbe un gesto dirompente

Basta equidistanza: papa Francesco vada a Kiev

Non siamo nessuno noi, per carità, per avanzare pretese. Eppure. Mentre si accalcano nella testa di noi sempliciotti domande del calibro "Dov'è Dio mentre infiamma la guerra?", viene proprio da dirglielo a sua Santità papa Francesco: pregare per l'Ucraina non basta, potrebbe (anzi, dovrebbe) andarci fisicamente lì, in Ucraina. Niente politica. Basterebbe anche solo una preghiera. Ma dovrebbe recitarla a Kiev o a Mariupol o a Odessa. Il corpo in mezzo ai palazzi devastati dai bombardamenti, tra la gente stipata nei bunker, in coda con gli sfollati che cercano rifugio lontano dalle proprie case sarebbe una presa di posizione dirompente che inchioderebbe tutti quanti alle proprie scelte (politiche e militari) arginando, almeno per un momento, l'orrore della guerra.

Da quando Vladimir Putin ha attaccato, papa Francesco ha chiesto ripetutamente ai vescovi e ai sacerdoti di tutto il mondo di unirsi a lui in una supplica a Maria. Ieri pomeriggio, sulla scia di quella richiesta, ha consacrato al cuore della Madonna l'Ucraina e la Russia e pregato affinché torni la pace nel Vecchio Continente. "In quest'ora l'umanità, sfinita e stravolta, sta sotto la croce con te - ha detto durante la liturgia penitenziale nella Basilica vaticana - e ha bisogno di affidarsi a te, di consacrarsi a Cristo attraverso di te. Il popolo ucraino e il popolo russo, che ti venerano con amore, ricorrono a te". Non è la prima volta che un Pontefice affida la pace alla Beata Vergine. È successo già in passato. Oggi, però, questo gesto potrebbe non bastare.

Da parte di Bergoglio servirebbe qualcosa di più. In molti glielo chiedono da giorni. Prima con un sussurro, adesso a gran voce. Ma lui continua a desistere in nome di una equidistanza che, a dire la verità, non ha mai saputo tenere. Ieri, per esempio, ha tuonato contro l'acquisto di nuove armi. Ha dato dei pazzi a quegli Stati che supportano militarmente il presidente Volodymy Zelensky. Come se il popolo ucraino avesse altre opzioni per difendersi dai russi. Questi ultimi, poi, dovrebbe iniziare a chiamarli per quello che sono: criminali invasori. Sino ad oggi Papa Francesco non lo ha mai fatto. Nelle sue omelie non ha mai distinto i buoni dai cattivi. Eppure la frattura tra le due parti, in questo caso, è piuttosto netta come è piuttosto evidente chi sta da una parte e chi dall'altra. Sul fronte dei cattivi ci sono lo Zar e la sua guerra. Dovrebbe avere il coraggio di dirlo.

Se riportiamo l'orologio indietro al 10 aprile di due anni, a quando la pandemia era appena esplosa, la mente va all'immagine piazza San Pietro deserta. La Via Crucis, la pioggia, il silenzio, il lento incedere di papa Francesco. Allora, la potenza di quella processione solitaria aveva raggiunto gli italiani impauriti e rinchiusi in casa e li aveva confortati. Allora, quel corpo solo davanti alla Basilica Vaticana aveva ridato speranza a molti. Oggi, servirebbe un gesto analogo, ma più forte. Oggi, che il mondo ferito è a Kiev, è necessario e opportuno che il Santo Padre voli in Ucraina e lì preghi non perché non si acquistino nuove armi per difendersi ma perché tutte le armi smettano di fare fuoco.

A cominciare da quelle russe che per prime hanno iniziato la guerra.

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