Guerra in Ucraina

"Ma che assedio è...?": tutti i dubbi di Capuozzo sulla guerra

Lo sguardo critico del giornalista sul conflitto. "Ora la propaganda si è affilata da entrambe le parti", osserva Capuozzo, che analizza le strategie messe in campo e si interroga sul flusso di informazioni dal fronte

"Ma che assedio è...?": tutti i dubbi di Capuozzo sulla guerra

Non bastano le armi. Le granate e i proiettili, da soli, non sono sufficienti a fermare il nemico. La guerra in Ucraina la si combatte anche con la propaganda. Con le notizie "sparate" al momento opportuno, orientando bene il mirino. "Adesso che la guerra si è incistata, e minaccia davvero di durare, la propaganda si è affilata, da entrambe le parti. Tra l'aggressore, ma anche tra l'aggredito", spiega al riguardo Toni Capuozzo, che di fronte alla marea di informazioni sul conflitto raddrizza le antenne e pratica un sano discernimento. Il giornalista friulano osserva lo scontro con la consapevolezza che la narrazione bellica vada necessariamente letta attraverso le lenti della propaganda attuata dai protagonisti in campo. La sua lunga esperienza di inviato di guerra gli suggerisce che accade sempre così e nemmeno l'attualità ucraina si sottrae a questo paradigma.

"Ci sono due propagande. Sì, però l'una è la propaganda dell’aggressore, connaturata a un regime. L'altra è la propaganda dell'aggredito, che pur di resistere e invocare aiuto deve spararla un po' grossa", osserva Capuozzo, citando nel primo caso gli spot russi in cui i manifestanti non vengono trascinati in commissariato ma si uniscono sottobraccio ai poliziotti per formare la simbolica lettera "Z". E, nel secondo caso, menziona il confronto con l'Olocausto proposto da Volodymyr Zelensky alla Knesset e accolto con freddezza dagli israeliani.

E queste sono le macro-notizie, quelle che descrivono con evidenza come le parti in causa stiano utilizzando la comunicazione. Ma, osserva Capuozzo, "va peggio quando la propaganda diventa cronaca. Leggiamo di violenze sessuali dei soldati russi. Ci vengono in mente i numeri delle violenze nella Germania che veniva liberata dal nazismo, o gli stupri etnici dei Balcani: possiamo escluderlo? Possiamo escludere che una nonna abbia fatto fuori 8 soldati russi con una torta avvelenata? Che una massaia abbia abbattuto un drone con un vasetto di cetrioli sottaceto?". Il giornalista sottolinea poi come vi siano "notizie che invece non diventano tali". Forse perché difficili da inquadrare nella rappresentazione eccessivamente manichea del conflitto. E menziona "quel conduttore della televisione ucraina che ha citato esplicitamente Eichmann, sostenendo la necessità di uccidere i bambini del nemico, prima che diventino vendicatori". Certo - commenta in modo sferzante Capuozzo - "rovinerebbe il no pasaràn". E ancora, riferendosi ai riflessi internazionali della comunicazione, l'ex inviato di guerra ammonisce: "Se un attore sconosciuto si pronuncia in modo gradito, ottiene il megafono, se Nikita Michalkov si esprime per Putin, gli occhi neri restano chiusi".

Poi, prosegue Capuozzo nella sua analisi, esiste anche una propaganda che riguarda i civili, come nel caso dell'attacco al teatro di Mariupol. "Bombardamento sbagliato, ricerca volontaria del civile da punire perché più facile (...) o scudo umano da esibire? O solo prezzo, inevitabile e senza bandiera, dell’orrore di una guerra urbana?", si domanda il giornalista, il quale nella sua disamina non fa sconti a nessuno e cita informazioni che, a seconda degli schieramenti, contribuiscono ad alimentare la propaganda. "Sembra vero che ci siano treni carichi di morti russi che viaggiano nella notte. Ed è logico che i russi li nascondano alla propria opinione pubblica. I nemici, se potessero, pubblicherebbero orario di partenza e di arrivo. Ma è credibile che siano morti ormai migliaia di russi e il numero dei morti civili sia grazie a Dio bassissimo, nonostante i russi siano crudeli e bombardino le camere da letto dei bambini? È normale che non si veda mai, anche se i giornalisti e i fotografi sono tutti o quasi dal lato ucraino, un militare morto ucraino?", chiede ancora Capuozzo.

Poi, le domande e lo sguardo critico sugli esiti delle operazioni militari. "L'assedio di Kiev, di cui non si vantano i russi ma di cui si lamentano gli ucraini, che assedio è se i leader di Slovenia, Repubblica Ceca e Polonia arrivano in città in treno? Se funzionano i telefonini e c'è acqua e corrente elettrica? È il primo assedio soft della mia vita". Così il giornalista di lungo corso suggerisce: "bisogna continuare a guardare, ad aiutare, a cercare di capire, ma senza rinunciare a ragionare. In Russia sono pochi quelli che si sottraggono alla propaganda. E in Occidente?".

Ma attenzione. Nelle valutazioni dell'ex inviato di guerra non c'è alcun complottismo, semmai la consapevolezza che alcune informazioni le si debbano verificare, altre invece no. Perché sono incontestabili. "L'unica cosa in cui si può credere sono le foto dei carri armati bruciati, e i volti dei civili che fuggono. Per quanto nella propaganda di entrambi, aggressore e aggredito, ci si inzuppi il pane quotidiano, sono la nuda sostanza della guerra e non mentono". Di fronte alle inqequivocabili immagini di morte della guerra, occorre fermasi.

Non ci sono dissertazioni geopolitiche o discussioni da salotto che tengano.

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