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Diario dal Libano Di pattuglia tra i bananeti a caccia di razzi

Diario dal Libano Di pattuglia tra i bananeti a caccia di razzi

Sono appena andato a letto e già sogno che qualcuno cerca di svegliarmi. ... non è un sogno è Giovanni (Russo) il cameramen dei media combat team che, quasi con delicatezza, con una mano mi scuote e con l’altra mi mette sotto il naso con lo smartphone acceso per farmi vedere l’ora: 4 e 35 è tardi. Con l’agilità di un gatto di piombo mi alzo, per fortuna il mitico sergente Liotta, un marcantonio che viene dai paracadutisti tanto grosso quanto simpatico e generoso, ci ha lasciato accesa una lampada a led, che con una luce fioca e bluastra permette di prepararci senza fare troppo rumore. Raggiungiamo la pattuglia di Giampiero Saglimbene, i ragazzi del 3° squadrone Montebello (comandato dal capitano Antonio della Marca) della brigata corazzata Ariete hanno già iniziato il briefing pre-missione: nulla di particolare da segnalare, tranne un recente lancio di un razzo nel settore adiacente al nostro, quello a comando spagnolo.
Per la precisione è partito dalla zona di Gemak ed è caduto dentro il territorio libanese nei pressi di Arnoun. Così il nostro compito sarà di controllare le di stradine agricole che attraversano i bananeti e le coltivazioni nelle vicinanze del campo palestinese di Rashedieh, tra le aree più a rischio lanci. Usciamo da 1-26, e via in direzione di Tiro sulla Costal road per poi imboccare la Bravo road e poi inoltrarci nei bananeti. Dopo un po’ il sonno si fa sentire e per tenerci svegli si parla delle solite cose: le famiglie a casa, quasi tutti nella pattuglia hanno dei bambini piccoli, sotto i cinque anni; un po’ di calcio, la campagna acquisti va per la maggiore, il paese dove si è nati, sono tutti ragazzi del Sud, dei sogni nel cassetto e dei problemi economici dell’Italia e delle famiglie, che fanno sempre più fatica ad arrivare a fine mese. Si parla seriamente e si ride all’immancabile battuta, ma sempre con gli occhi fissi sul settore che si deve controllare e di tanto in tanto, quando si vede qualche “novità”, si commenta e si prende nota. Sono a bordo di un Lince equipaggiato con la recente torretta dell’Oto Melara (Hitrole) che si comanda dall’interno del mezzo. Un notevole passo in avanti per la sicurezza soprattutto del rallista, il mitragliere, che non deve più rimanere in piedi e sporto con più di metà del busto per tutta la pattuglia. Procediamo senza brutte sorprese, incontriamo i colleghi delle Laf che ci raccontano degli sviluppi di Erssal: l’esercito libanese, dopo una serie di duri scontri, ha prima riconquistato tutte le posizioni chiave intorno alla cittadina e isolato i terroristi all’interno. Poi le autorità, per evitare di scatenare una battaglia nel centro abitato, hanno cercato un accordo con estremisti islamici per farli uscire dalla cittadina e liberare i 36 soldati libanesi prigionieri. Purtroppo la commissione composta da capi religiosi (sunniti) all’entrata nel villaggio è stata accolta del fuoco dei terroristi e due Imam sono rimasti feriti. Poi guerriglieri dell’Isis hanno tentato un attacco alle posizioni appena conquistate dall’esercito libanese, ma sono stati respinti con perdite. Così sono ripresi i negoziati e si è giunti a un compromesso: le Laf hanno permesso ai terroristi di tornare in Siria, dove torneranno tra le file del fronte anti Assad; dai primi accertamenti i miliziani che avevano occupato il villaggio di Erssal erano circa 2000, divisi in 10 gruppi, e per la maggior parte appartenevano al fronte Al Nussra e all’ISIS. Fortunatamente non sono riusciti nel loro intento di trasformare il Nord del Libano in un campo di battaglia come la Siria. Finiti i controlli e raggiunti gli obiettivi, rientriamo alla base, il rapporto post missione ci aspetta.

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