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Aziende europee e turche diffondono i video dell'Isis

Alla base della diffusione di copertura satellitare e della vendita di antenne paraboliche, modem e abbonamenti ci sarebbero aziende europee e distributori turchi

Aziende europee e turche  diffondono i video dell'Isis

Abbiamo visto più volte come il Califfato impiantato tra la Siria e l’Iraq utilizzi con estrema raffinatezza i social network per diffondere la rivista Dabiq e i video di propaganda strumentali al terrore e al reclutamento di nuovi combattenti. Internet è uno strumento necessario per “l’ufficio stampa” di Daesh. Ma chi glielo fornisce dal momento che le infrastrutture delle telecomunicazioni sono state in gran parte distrutte dalla guerra sul terreno e dai bombardamenti aerei? Questa domanda se la sono posta i giornalisti del settimanale tedesco Der Spiegel che la settimana scorsa hanno pubblicato un’inchiesta su un argomento delicato quanto importante per capire le fonti di auto-sostentamento dell’intera macchina statuale jihadista.

Alla base della diffusione e della vendita di antenne paraboliche e abbonamenti che permettono a Daesh di connettersi ad internet via satellite ci sarebbero aziende europee e distributori turchi, la maggior parte di essi collocati ad Antakya, vicino al confine con la Siria. Perché invece del solito cavo di rete fissa, ora è sufficiente soltanto un modem e una parabola che trasmetta e riceva, i quali prima di arrivare in Medio Oriente passano attraverso il porto di Rotterdam tra i 12 mila container che ogni giorno vengono trattati. Il risultato è un accesso a internet veloce, con download a una velocità di 22 megabit al secondo e upload di 6 megabit. Quanto basta agli addetti ai lavori del Califfato per usare Youtube e Facebook.

A monte di questa catena di vendita ci sarebbero i maggiori operatori europei che offrono una copertura globale quasi completa, via satellite, dalla francese Eutelsat, Avanti Communications della Gran Bretagna e SES di Lussemburgo, i quali però intervistati dal Der Spiegel dicono di non far parte di questo gigantesco circuito. Eppure i rivenditori turchi stanno realizzando un bel giro di affari nella vendita degli strumenti necessari per la connessione ad internet. Pare infatti che molti degli acquirenti provengano proprio dalla Siria e paghino in contanti, probabilmente per non essere rintracciati. Non è un caso che dei piatti satellitari si trovano ad Aleppo, la seconda città della Siria, attualmente divisa in più zone di controllo, a Raqqa, capitale del Califfato, as al Bab, Deir al-Zor e lungo il fiume Eufrate in Iraq fino alla città di Mosul.

Dopo la notizia diffusa dalle autorità russe e dai media locali sul contrabbando di armi e petrolio tra la Turchia e Daesh non stupirebbe se anche le antenne paraboliche e i modem passino dai rivenditori di Antakya.

Che aspettano dunque le aziende europee a tagliare la copertura satellitare nelle aree controllate dai miliziani del Califfato? Come scrive il giornalista del Der Spiegel Nicolai Kwasniewki le ipotesi sono due: o “le aziende vogliono semplicemente perseguire i loro obiettivi di business senza controllare con precisione chi si appoggia sui servizi che forniscono oppure “le società hanno piena consapevolezza di chi sta usando i loro servizi e condividono le informazioni con i servizi segreti”.

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