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Ecco come gli jihadisti vivono in Europa

Un e-book sequestrato a un jihadista tedesco arrestato mentre rimpatriava dalla Siria ha permesso agli investigatori di scoprire i comportamenti che i terroristi devono tenere in Europa

Ecco come gli jihadisti vivono in Europa

Dieci comportamenti ai quali attenersi per essere un bravo jihadista. Dieci punti riassunti in un e-book redatto in Siria dai leader della propaganda dell’Isis, destinato alle nuove leve che vivono in Europa. Una guida pratica per i giovani musulmani che vivano in Occidente e che vogliano aderire allo Stato islamico o ne siano già parte.

Le forze di intelligence tedesche hanno sequestrato questo e-book ad uno jihadista tedesco appena rimpatriato dopo essere stato per diversi mesi in Siria, per ricevere istruzioni dai leader del califfato su come condurre la guerra santa in Europa. Arrestato lo scorso giugno, ha iniziato a collaborare con gli investigatori, rendendo loro noto quale fosse il principale compito affidatogli dai leader islamisti: quello di portare in Europa le istruzioni, contenute nell’e-book, su come i combattenti islamisti devono comportarsi nella vita quotidiana. Un vero e proprio kit di sopravvivenza (intitolato ‘How to survive in the West, a Mujahid guide’), la cui regola principale è sempre la stessa: la discrezione. Vietato dare nell’occhio, vietato creare sospetti, indispensabile vestirsi e comportarsi in modo da non dare nell’occhio e a non destare nessun sospetto. Ecco dunque, quali sono i comportamenti degli jihadisti che vivono tra noi.

Un buono jihadista non si vanta pubblicamente della propria fede. Pur non negando di essere musulmano non deve comportarsi o vestirsi in modo da essere immediatamente riconosciuto come tale. Vietato dunque farsi crescere la barba lunga per gli uomini – soprattutto se nuovi adepti - per evitare attenzioni indesiderate su se stessi. Le donne, invece, devono evitare di indossare il velo di colore nero quando si trovano in luoghi pubblici e densi di controlli, come stazioni o aeroporti. La regola numero uno, dunque, è la discrezione: maggiormente è basso il proprio profilo, più facile sarà passare inosservati.

La seconda regola è di mascherare la propria identità islamica. E' necessario vestirsi in maniera occidentale e non utilizzare pubblicamente un nome arabo, bensì un soprannome nella lingua locale. “Quando un musulmano va in pubblico” si legge “vuole introdursi nella società e sembrare una persona più comune possible. Questo non perché tema la propria identità islamica, ma perchè così facendo allontana ogni sospetto di essere un nemico esterno”.

Terza regola: fare più soldi possibili per finanziare le attività terroristiche. I jihadisti devono utilizzare tutte le competenze informatiche a propria disposizione per evadere le tasse, accaparrarsi i fondi pubblici, clonare carte di credito e prendere possesso di conti bancari. Ogni mezzo è lecito per impossessarsi di ricchezze, se queste vengono messe a disposizione della causa dello Stato islamico.

Mimentismo anche sui social. Il modo più semplice per gli investigatori di controllare privacy e movimenti di una persona è tramite la propria vita virtuale. Vietato, dunque, destare alcun tipo di sospetto su internet. Lo jihadista non pubblica sui social nulla a favore dello Stato islamico e della guerra santa, ma utilizza il web esclusivamente come mezzo per ottenere informazioni.

L’allenamento fisico è una parte vitale della jihad. E’ importante allenarsi costantemente, ma anche in questo caso senza dare nell’occhio. Gli allenamenti non vanno fatti di nascosto, ma in luoghi pubblici – come parchi e palestre – senza indossare divise militari o mimetiche che facciano pensare si tratti di un addestramento paramilitare. L’abbigliamento sportivo dello jihadista in Europa deve essere molto più semplice: scarpe da tennis e maglietta da calcio.

In questo contesto, però, risulta difficile allenarsi propriamente alla guerriglia. Per questo i giovani islamisti sono invitati a giocare ai videogiochi di guerra, in primis Call of Duty, per apprendere i movimenti.

Il capitolo otto descrive nel dettaglio come costruire della bombe artigianali. Corredando le spiegazioni con diversi esempi pratici, tra i quali l’attentato alla maratona di Boston, il kit spiega in che modo poter costruire una bomba partendo dalla manomissione di un semplice cellulare o un videoregistratore.

Gli jihadisti europei, inoltre, devono essere essere pratici nel nascondere e nello spostare le proprie armi da un posto all’altro. Il modo migliore è quello di nasconderle, anche per mesi, all’interno di una macchina parcheggiata in un garage privato. Da dove possono essere poi trafugate senza destare eccessivi sospetti.

Fondamentale è anche sapere come comportarsi qualora ci si renda conto di essere spiati. Lo jihadista deve portare a termine il più presto la propria missione – cioè l’attentato – per poi scappare immediatamente nei territori controllati dallo Stato islamico, dove verrà accolto come un guerriero rientrato dal fronte.

Per raggiungere il Califfato viene consigliato di passare attraverso la Turchia, la Libia, il Pakistan o la Nigeria. In caso si venga fermati in un Paese non musulmano mentre si è diretti verso lo Stato islamico bisogna sostenere di essere dei giornalisti free-lance. L’e-book rende oltre nota la presenza di diversi “smugglers” in Europa, ossia di vere e proprie società di servizio organiche all’Isis che organizzano i ricongiungimenti dei terroristi.

Queste sarebbero presenti soprattutto in Francia.

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