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Fbi rivela primo nome di un funzionario saudita implicato negli attentati dell'11 settembre

La versione ufficiale è che l’Fbi ha divulgato quel nome “per sbaglio”, ma un’altra tesi sostiene che l’agenzia lo avrebbe fatto intenzionalmente

Fbi rivela primo nome di un funzionario saudita implicato negli attentati dell'11 settembre

L’Fbi ha ultimamente rivelato, per la prima volta dagli attentati alle Torri gemelle, il nome di un ufficiale saudita sospettato di essere coinvolto nell’organizzazione della strage dell’11 settembre. L’agenzia investigativa ha divulgato l’identità del funzionario in questione consegnando degli incartamenti ufficiali a dei magistrati che si stanno occupando di una causa di risarcimento avanzata contro Riad dai familiari delle vittime degli attacchi jihadisti del 2001. Sui documenti consegnati dall’intelligence interna alla Corte figura appunto in bella mostra il nome di un diplomatico del Paese islamico, Mussaed Ahmed al-Jarrah, e la pubblicazione di tale identità dimostra quindi per la prima volta che le autorità Usa ipotizzano un diretto coinvolgimento di ufficiali della monarchia del Golfo nella strage avvenuta diciannove anni fa. La rivelazione incriminata sarebbe però avvenuta “per errore”.

L’Fbi, ha affermato ieri il Telegraph, avrebbe infatti consegnato per sbaglio ai magistrati i documenti in cui il nome del diplomatico saudita appare non sbianchettato.

Il foglio in cui si fa pubblicamente riferimento ad al-Jarrah sarebbe stato fornito al tribunale da Jill Sanborn, vicedirettore dell’unità antiterrorismo dell’agenzia investigativa.

Il medesimo documento dell’intelligence interna Usa accenna inoltre a delle prove a carico del funzionario di Riad, in servizio presso l’ambasciata saudita a Washington dal 1999 al 2000, che sarebbero contenute in un dossier riservato sull’11 settembre messo a punto nel 2012 dalle autorità americane di pubblica sicurezza. Il rapporto menzionato, precisa la testata, allude in realtà a un misterioso “terzo uomo” di nazionalità saudita implicato nell’assistenza ai terroristi che seminarono morte negli Stati Uniti diciannove anni fa.

Tuttavia, la recente rivelazione accidentale, dall’incartamento processuale, del nome di al-Jarrah dimostra con forza, rimarca sempre il Telegraph, che l’Fbi considera quel “terzo uomo” coincidente proprio con il funzionario di ambasciata.

In particolare, ricostruisce il giornale britannico attenendosi alle carte dell’agenzia emerse “per sbaglio” in questi giorni, le istituzioni federali sospetterebbero il diplomatico arabo di avere favorito nel 2001 l’attuazione del piano stragista della cellula legata ad Al Qaeda prestando assistenza a due membri di quest’ultima non appena costoro erano arrivati allora in territorio statunitense.

Nel dettaglio, al-Jarrah avrebbe aiutato due componenti sauditi del manipolo qaedista, Khalid Al-Mihdhar e Nawaf Al-Hazmi, che si sarebbero in seguito macchiati dell’attentato aereo contro il Pentagono, in cui morirono 125 persone.

Con la fortuita divulgazione dell’identità del funzionario del Paese islamico vi è appunto la prima conferma ufficiale dei sospetti dell’Fbi sul coinvolgimento dell’Arabia Saudita negli attacchi dell’11 settembre e tale rivelazione, anche se avvenuta “per errore”, è stata accolta con soddisfazione dai familiari delle vittime delle stragi jihadiste di diciannove anni fa.

Brett Eagleson, un portavoce dei parenti delle persone uccise negli attacchi, ha infatti accolto positivamente l’emersione del nome di al-Jarrah dall’incartamento processuale depositato dall’Fbi. Egli, citato dal Telegraph, ha rilasciato le seguenti parole: “Questa rivelazione prova che c’è una totale copertura da parte del governo riguardo alle responsabilità saudite”.

L’entusiasmo per la venuta alla luce del nome del funzionario di Riad è stato però subito smorzato dalla medesima Fbi, che, fa sapere il giornale d’Oltremanica, ha provveduto all’istante a “rimuovere” lo scottante documento dal materiale processuale fornito in precedenza ai magistrati al lavoro sulla causa di risarcimento.

Lo stralcio sarebbe stato giustificato dall’agenzia investigativa appellandosi al fatto che le carte su cui campeggiava il nome di al-Jarrah erano state appunto diffuse “per sbaglio”.

L’intelligence interna americana, in particolare, si sarebbe precipitata a fare sparire i fogli con il nome del diplomatico dopo essersi finalmente accorta che si trattava di dati rilevanti per la sicurezza nazionale.

A confermare ciò è stato in primo luogo Michael Isikoff, giornalista investigativo interpellato dal quotidiano londinese, che a tale proposito ha chiarito: “In effetti, sia il segretario alla Giustizia William Barr sia l’attuale direttore dell’intelligence nazionale Richard Grennell hanno finora presentato ai magistrati delle memorie in cui dichiaravano che qualsiasi informazione inerente al personale dell’ambasciata saudita e tutti i documenti interni dell’Fbi sul medesimo tema costituivano materiale strettamente riservato, ossia, in parole povere, segreti di Stato. Le informazioni incriminate, se rivelate, potevano di conseguenza rappresentare un pericolo per la sicurezza interna”.

Accanto alla versione ufficiale secondo cui la diffusione del nome di al-Jarrah da parte dell’agenzia investigativa sarebbe avvenuta erroneamente stanno però circolando ipotesi per cui non si sarebbe trattato affatto di uno sbaglio.

Ad esempio, riporta il Telegraph, un ex agente proprio dell’Fbi, coperto da anonimato, ha fornito la seguente spiegazione personale circa la rivelazione dell’identità del diplomatico di Riad: “Può essere stato un gesto volontario, inteso a esercitare pressioni.

Avendo lavorato nell’agenzia, so bene che documenti del genere vengono attentamente esaminati e riesaminati prima di venire rilasciati ad autorità esterne e quindi uno sfondone del genere mi fa sorgere in mente molti dubbi”.

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