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Accusa di Hezbollah: "Mai tanto a rischio. Battiamoci contro l'Isis"

Il leader del partito libanese ammette la presenza di miliziani in Siria. "È ora di assumerci le nostre responsabilità"

Accusa di Hezbollah: "Mai tanto a rischio. Battiamoci contro l'Isis"

Il 25 maggio di quindici anni fa, Tsahal - l’esercito israeliano -, che dall’estate del 1982 occupava stabilmente il Libano del sud, si ritirò dal “Paese dei Cedri”. Questa data, oltre a scrivere la parola fine a quella che Israele aveva chiamato “Operazione Litani”, segnò un passaggio chiave della storia di tutto il Vicino Oriente, dando molta popolarità al movimento sciita libanese di Hezbollah. Per la prima volta, infatti, i media di tutto il mondo, fecero vedere le immagini dei soldati israeliani costretti ad indietreggiare dai loro avversari. Come ogni 25 maggio, la popolazione libanese – e non solo - attendeva le parole di Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah, durante i festeggiamenti per la ricorrenza della liberazione che, in questa occasione, si sono tenuti ieri nella città di Nabatiyeh, nel sud del Paese, a poche decine di chilometri dal “sempre caldo” confine con Israele.

"La regione si trova di fronte ad un pericolo che non ha precedenti nella storia", ha dichiarato il numero uno del “Partito di Dio” durante il discorso in videoconferenza ascoltato da centinaia di migliaia di persone. "Questa - ha continuato Nasrallah - non è una minaccia solo per il Libano o la Siria, l’Irak o lo Yemen. Questo è un pericolo per tutti e nessuno dovrebbe nascondere la testa sotto la sabbia dicendo che il rischio non esiste". Hezbollah, per proteggere il Libano del pericolo del terrorismo islamico è da tempo impegnato militarmente nell’appoggio del governo di Bashar al Assad in Siria e ha promesso, se necessario, di intensificare le proprie operazioni. "Stiamo combattendo a fianco dell’esercito e della resistenza popolare siriana in molte zone del Paese e la nostra presenza in Siria diventerà ancora più grande in caso di necessità", ha sottolineato Sayyed Nasrallah.

"Lo Stato Islamico è una minaccia esistenziale e siamo pronti ad affrontarla con tutte le risorse necessarie. Perché nessun altro può difendere il Libano e la Siria, non certo la coalizione guidata dagli Stati Uniti». Il leader del “Partito di Dio”, ha inoltre ricordato che le stesse persone che preferiscono non agire contro lo Stato Islamico saranno le prime vittime dei terroristi. Per questo motivo, "invitiamo tutti in Libano e nella regione, ad assumersi la propria responsabilità e terminare al più presto il loro silenzio e la loro neutralità. Bisogna difendere la nostra terra, la sovranità del nostro Paese e la nostra gente".

Il messaggio di Nasrallah, rivolto anche all’immobilità dei membri del Movimento Futuro dell’ex premier sunnita Saad Hariri, ha provocato l’immediata risposta. "Difendere la terra e la sovranità e la dignità del Libano non è responsabilità di Hezbollah. E la nostra posizione sullo Stato Islamico non hanno bisogno di essere certificate da nessuno", si legge in una dichiarazione rilasciata. Intanto, la situazione nel “Paese dei Cedri”, che dopo la crisi siriana “ospita” un milione di rifugiati provenienti dalla Siria, si fa sempre più incandescente. Soprattutto nella Valle della Bekaa, vicino alla regione di Qalamoun - al confine tra Siria e Libano - dove in questi giorni sono in atto pesanti combattimenti. «La nostra gente a Baalbek e Hermel non tollera la presenza di un singolo terrorista nella periferia di Arsal e in tutta la Valle della Bekaa», ha ricordato Nasrallah. Un messaggio chiaro per una battaglia che in questa zona è strategicamente fondamentale.

Anche per mantenere l’ultimo corridoio disponibile verso Damasco.

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