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In "fuga" sul carrello: così i diplomatici russi lasciano la Corea del Nord

L'epopea del gruppo si è conclusa con il terzo segretario Vladislav Sorokin in piedi, sui binari, costretto a spingere il carrello a mano per più di un chilometro

In "fuga" sul carrello: così i diplomatici russi lasciano la Corea del Nord

Hanno lasciato la Corea del Nord a bordo di un vecchio carrello ferroviario. Una piattaforma, per essere più precisi, attivabile dai suoi passeggeri attraverso l'uso di una leva a pompa oppure da persone che la spingono manualmente da dietro. Il viaggio di alcuni familiari dei dipendenti dell'ambasciata russa a Pyongyang è avvenuto così, in condizioni quasi estreme, come documentano le immagini e i video diffusi dal Ministero degli Esteri della Federazione russa.

Il viaggio, estenuante e faticoso, è durato oltre 34 ore, dalla capitale Pyongyang a Vladivostok, al confine settentrionale tra Corea del Nord e Russia. L'epopea del gruppo si è conclusa con il terzo segretario Vladislav Sorokin in piedi sui binari, costretto a spingere il carrello a braccia per più di un chilometro. L'immagine è quasi comica: sopra il mezzo di fortuna, si vede la famiglia dell'uomo, formata da moglie e figli, assieme a una discreta quantità di bagagli.

D'altronde, quello usato dalla famiglia di Sorokin era forse l'unico modo possibile per lasciare il Paese. Da un anno a questa parte, infatti, per tenere a bada la pandemia di Covid-19, Kim Jong Un ha blindato la Repubblica Popolare Democratica di Corea sia in entrata che in uscita. Ufficialmente, oltre il 38esimo parallelo non vi è traccia di Sars-CoV-2. Per mantenere la situazione sotto controllo, il governo ha deciso di sospendere i voli della compagnia area statale Air Koryo.

Un viaggio bizzarro

Le peripezie degli otto cittadini russi iniziano con un viaggio "in treno". Usiamo le virgolette, perché il treno utilizzato è, come detto, un antiquato carrello ferroviario da dirigere lungo l'altrettanto antiquato sistema ferroviario nordcoreano. Questa parte del viaggio è durata 32 ore. In un secondo momento, la famigliola è salita su un autobus, prima di caricare le valige su un tram ferroviario e spingerlo per il restante tragitto.

Secondo quanto riportato dalla Cnn, Sokorin ha dovuto spingere il carretto a mano per circa un chilometro, compresa la parte sopra il ponte sul fiume Tumen. Una volta giunti nella stazione russa di Khasan, i viaggiatori sono stati accolti daicolleghi del Ministero degli Esteri russo.

È lo stesso Ministero degli Esteri russo a raccontare con un post su Facebook la bizzarra vicenda capitata a Sokorin. "Il 25 febbraio, 8 dipendenti dell’Ambasciata russa nell Repubblica Popolare Democratica di Corea e i loro familiari sono tornati in patria. Dato che le frontiere sono chiuse da oltre un anno e che il traffico passeggeri è stato fermato – si legge sul social - hanno dovuto affrontare un lungo e difficile viaggio per tornare a casa".

"Prima 32 ore di treno da Pyongyang verso Nord, poi altre due ore di autobus fino al confine e finalmente, l’attraversamento verso il versante russo. Per farlo – ha quindi concluso il post - hanno dovuto preparare un carrello, metterlo sui binari, caricarci sopra bagagli e bambini e andare. L’unico uomo del veicolo non semovente, Vladislav Sorokin, ha fatto da motore, cioè ha dovuto spingere a braccia il carrello lungo i binari per più di un chilometro. La parte più difficile è stata il ponte sul fiume Tumannaya".

Isolamento e paura del virus

Al di là del grottesco viaggio, la notizia ci offre almeno due spunti di riflessione. Il primo: la Corea del Nord ha preso sul serio la minaccia sanitaria rappresentata dal virus e, sapendo di non poter contare su un sistema sanitario tale da poter fronteggiare gli effetti del Sars-CoV-2, ha pensato bene di staccare la spina con il resto del mondo. Isolarsi per scongiurare ogni forma di contagio. Al momento, a quanto pare, la mossa di Kim sembrerebbe aver funzionato (il condizionale è tuttavia d'obbligo).

Arriviamo alla seconda considerazione. La partenza della famiglia Sorokin indica che la maggior parte dei pochi cittadini stranieri presenti in Corea del Nord sta per lasciare o ha già lasciato il Paese.

Il motivo è semplice: nessuno vuole rischiare di restar bloccato, lontano da casa, per via dei rigidissimi controlli predisposti da Pyongyang lungo le frontiere.

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