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Immigrazione, Gb: "Non sosterremo le operazioni di salvataggio nel Mediterraneo"

Il ministro degli Esteri britannico: "Queste operazioni incoraggiano più migranti a tentare la traversata del mare"

Immigrazione, Gb: "Non sosterremo le operazioni di salvataggio nel Mediterraneo"

La Gran Bretagna dice no. Non sosterrà le operazioni di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo delle persone che cercano di raggiungere le coste dell’Europa. Lo fa, come ha annunciato il ministro degli Esteri, Joyce Anelay, per non incoraggiare i cosiddetti viaggi della speranza. "Non non sosteniamo le operazioni di ricerca e salvataggio previste nel Mediterraneo", ha spiegato Anelay, dal momento che riteniamo che queste operazioni "creino un fattore d’attrazione involontario, incoraggiando più migranti a tentare la traversata pericolosa del mare e conducano quindi a più morti tragiche e inutili". Londra dice di volersi concentrare "sui Paesi d’origine e di transito", lottando contro gli scafisti. A precisare nero su bianco la posizione britannica è stata una nota dal Foreign Office dopo un’interrogazione alla Camera dei Lord sul contributo aereo o navale di Londra ai salvataggi in mare dei migranti.

Il ministro ha dichiarato al Guardian che il governo di Londra per ora non prenderà parte a "Triton", l’operazione che Frontex avvierà a partire dall’1 novembre nel Canale di Sicilia e nel mare Jonio, e si limiterà a mettere a disposizione un funzionario addetto all’immigrazione. Dal 1° novembre "Triton" aiuterà a pattugliare e controllare le fontiere. "La nostra operazione è esclusivamente quella del controllo delle frontiera. Mare Nostrum mirava alla ricerca e al soccorso. Sono due operazioni molto diverse - ha spiegato alla Bbc la portavoce di Frontex, Isabella Cooper -. La nostra operazione riguarda una specifica area operativa e abbiamo solo un paio di navi e qualche aereo a disposizione. Il Mediterraneo è lungo oltre 2,5 milioni di chilometri quadrati. È praticamente impossibile avere una panoramica completa di ciò che accade in mare".

Il no di Londra si è attirata le critiche di alcuni attivisti. L'amministratore delegato del Consiglio per i rifugiati (ong britannica), Maurice Wren, ha avvertito che la posizione del Regno Unito contribuirà che più persone "inutilmente e
vergognosamente moriranno alle porte dell'Europa". E ha aggiunto: "Il governo britannico sembra ignaro del fatto che il mondo è in preda alla più grande crisi di rifugiati dalla fine della seconda Guerra mondiale". Secondo Wren, "la gente in fuga dalle atrocità non smetterà di arrivare".

Michael Diedring, segretario generale del Consiglio europeo per i rifugiati, ha detto che l'Unione europea dovrebbe cambiare radicalmente il suo approccio al problema, permettendo a più persone di entrare legalmente. "Una delle ragioni - ha spiegato - per cui queste persone stanno intraprendendo il viaggio è perché la politica dell'Unione europea non offre un mezzo sicuro e legale per accedere al suolo europeo, di presentare una domanda di asilo. Ad esempio c'è il solo reinsediamento, e i numeri di reinsediamento sono abbastanza bassi, ma è anche l'unico modo legale".

"Così - sostiene Diedring - per le persone che sono bloccate in Nord Africa, in fuga per la loro vita, che sono perseguitate, che fuggono dalla guerra, che non hanno scelta perché le loro case sono state bombardate e distrutte, i loro familiari sono stati uccisi, sono state violentate e torturate e sono passati attraverso i viaggi orrendi, per queste persone l'unico modo per tentare di arrivare in Europa è attraverso la criminalità organizzata".

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