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Perché la morte di Santoso non fermerà i jihadisti indonesiani

L'uccisione del terrorista più ricercato del Paese è sicuramente un grande successo per le forze di sicurezza e un duro colpo per gli estremisti dell’area. Ma non sarà letale

Perché la morte di Santoso non fermerà i jihadisti indonesiani

La morte di Santoso, il terrorista più ricercato dell’Indonesia, ucciso dalla polizia durante uno scontro a fuoco nella zona di Poso lunedì scorso, è ufficiale. Lo hanno confermato le autorità durante una conferenza stampa di ieri, attraverso le parole di Luhut Binsar Pandjaitan, il ministro per gli affari politici, legali e di sicurezza del Paese.

Santoso, conosciuto anche con il nome di battaglia Abu Wardah, si nascondeva nella giungla del Sulawesi centrale assieme a i suoi fedelissimi. Leader di East Indonesia Mujahidin (MIT), responsabile di numerosi attacchi terroristici contro la polizia e la popolazione civile, era stato il primo a giurare fedeltà ai tagliagole dello Stato Islamico.

Il governo indonesiano lo cercava da diversi anni, e aveva messo in campo più di tremila uomini - tra polizia e esercito - nell’operazione speciale Tinombala che, come primo obiettivo, aveva proprio quello di fermare il terrorista Santoso.

Al suo posto, come guida del MIT, dovrebbe subentrare Basir, fino a lunedì il numero due dell’organizzazione jihadista. Anche lui, secondo le autorità, si dovrebbe nascondere nella foresta, insieme ad una ventina di guerriglieri.

La morte di Santoso è sicuramente un grande successo per le forze di sicurezza dell’Indonesia e un duro colpo per gli estremisti dell’area. Ma non sarà letale. L’intelligence del Paese, infatti, ha messo in guardia sul rischio di possibili rappresaglie da parte dei miliziani di Abu Wardah.

Anche l’analista Sidney Jones, che dirige l'Istituto di analisi politica dei conflitti di Giacarta, è della stessa opinione. Citata oggi sulle pagine del quotidiano francese Le Monde, ha spiegato che la morte del jihadista non fermerà la violenza in Indonesia, “perché il pericolo è legato a varie cellule ben radicate nelle città”.

Nel Paese i sostenitori delle bandiere nere dovrebbero essere circa mille. Secondo i servizi di sicurezza indonesiani, molti di loro sarebbero rientrati dalla Siria e dell’Iraq. Sono persone che sanno usare bene le armi e, soprattutto, che non hanno paura della morte.

Per questo, il rischio di nuove violenze, è tutt'altro che scongiurato.

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