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Isole per cui si sfiorò la guerra dividono ancora Grecia e Turchia

La tensione tra Erdoğan e Tsipras si sfoga nelle acque complicate dell'Egeo

Isole per cui si sfiorò la guerra dividono ancora Grecia e Turchia

"Volano le accuse mentre greci e turchi evitano una guerra". Titolava così, il 1 gennaio del 1996, un dispaccio dell'Associated Press che raccontava della ritrovata calma nell'Egeo, dove lo status quo era stato restaurato, dopo un confronto tra Atene e Ankara che aveva rischiato di sfociare in una guerra aperta.

Al centro della disputa, risolta grazie all'intervento degli Stati Uniti e dell'allora presidente Bill Clinton, due isolotti egei a poche miglia dalle coste di Grecia e Turchia. Le Imia, per dirla come i greci. Le stesse che nella vicina città di Bodrum chiamano tuttora Kardak, convinti che ad Atene non possano avanzare diritti su quegli scogli così vicini alle loro coste.

Scogli che hanno incrociato la nostra storia, ceduti alla Grecia nel 1947, dopo un breve periodo durante il quale il Dodecaneso aveva sventolato bandiera italiana, sottratti all'Impero ottomano. Isole - le Imia - di nessun valore strategico, tornate nelle pagine dei quotidiani a ventuno anni da quei fatti: ancora contese, pedina di un gioco più grande tra Ankara e Atene.

È bastato che il capo di Stato maggiore turco, Hulusi Akar, si avvicinasse in nave da guerra alle isole perché la tensione tornasse ad alzarsi, in giorni in cui i due Paesi confinanti sono già ai ferri corti per vicende diverse, che hanno a che fare con il golpe sventato dello scorso 15 luglio.

Hulusi Akar alle Kardak

Otto militari, fuggiti in elicottero dalla Turchia, atterrati ad Alessandropoli, sono una delle ragioni del contendere per due Paesi che, a partire dall'irrisolto status di Cipro, hanno molto di cui discutere. È stata la decisione della magistratura greca, contraria a un'estradizione, a far adombrare Erdoğan, a far dire che la Grecia "sostiene i golpisti", mentre anche in Germania quaranta militari già sospesi dal servizio chiedevano asilo politico.

Poi la sortita di Hulusi Akar, la prima pagina del quotidiano greco di destra Dimokratia ("Il nemico è alle porte"). E ancora: una corona di fiori lanciata da un elicottero dal ministro della Difesa greco Panos Kammenos, per ricordare i soldati caduti nello schianto di un elicottero durante la crisi degli anni Novanta. E un tweet di Hüseyin Kocabıyık, deputato erdoganiano della non lontana İzmir, sicuro che la Grecia "sia stata salvata da un ammiraglio codardo nel 1996" e pronto "a sparare" contro chi "giocherà la carta delle Kardak".

"Non vogliamo un'escalation della tensione - ha detto al quotidiano Hürriyet Daily News il ministro della Difesa turco Fikri Işık - ma nemmeno piegarci a un fatto compiuto".

È improbabile che la tensione nell'Egeo possa portare a un confronto in armi - ha chiarito al New York Times Sinan Ulgen, ricercatrice di Carnegie Europe. Ma "potrebbero esserci altre conseguenze". È un fatto che la sorte dei soldati golpisti in fuga è per Ankara un tasto dolente e pochi giorni fa le autorità hanno minacciato (di nuovo) la rottura dell'accordo sui migranti, in un momento molto delicato anche per la sorte di Cipro.

Twitter: @ACortellari

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