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Laburisti lasciano il partito in polemica con Jeremy Corbyn

Sette parlamentari laburisti hanno deciso di lasciare il partito in polemica con il nuovo corso di sinistra impostato dal segretario Jeremy Corbyn. Tra le divergenze più profonde quella sull'ambiguo approccio alla questione Brexit e quella sul presunto antisemitismo all'interno dei labour

Laburisti lasciano il partito in polemica con Jeremy Corbyn

Continua la crisi all'interno del Partito Laburista britannico, ormai lacerato dai conflitti tra la vecchia ala liberal ed il nuovo corso di sinistra dura e pura impostato dall'attuale segretario Jeremy Corbyn. Questa volta, il duro colpo è stato assestato dall'abbandono del partito da parte di sette parlamentari, che hanno criticato l'approccio ambiguo di Corbyn nei confronti della questione Brexit ed il suo soprassedere sul presunto antisemitismo presente nei labour da quando ne ha conquistato la segreteria nel 2015, affermando come ormai il partito sia stato politicamente dirottato dalla macchina dell'estrema sinistra. I sette parlamentari uscenti - Luciana Berger, Chris Leslie, Angela Smith, Gavin Shuker, Chuka Umunna, Mike Gapes e Ann Coffey - continueranno comunque a sedere tra i banchi di Westminster sotto la bandiera dell'Independent Group.

Commentando la scelta all'interno della conferenza stampa indetta oggi, l'ormai ex labour Chris Leslie ha dichiarato:"Il Partito Laburista a cui abbiamo aderito, a cui abbiamo partecipato e a cui abbiamo creduto non è più il Partito Laburista di oggi. Abbiamo fatto tutto il possibile per salvarlo, ma è stato dirottato dalla macchina politica dell'estrema sinistra." - aggiungendo - "Le prove del tradimento dell'Europa da parte del Partito Laburista sono ora visibili a tutti. Esse sono il tacito avallamento della Brexit del governo conservatore e l'impedire costantemente agli elettori di poter esprimere la propria opinione". Una fonte interna ai laburisti ha inoltre riferito che quanto avvenuto oggi potrebbe dare il via ad un'ulteriore ondata di dimissioni, che sottolinerebbero la crescente frustrazione in merito al tema Brexit.

Tuttavia lo stesso Corbyn - malgrado egli abbia sempre operato per mantenere sul tavolo l'opzione di un secondo referendum nel caso il governo di Theresa May non fosse riuscito ad ottenere un accordo con Bruxelles - si è visto più volte costretto a dover mediare tra le due principali anime del suo partito, quella che chiedeva a gran voce una nuova tornata referendaria e quella che invece premeva affinché il Regno Unito se ne uscisse dall'Unione Europea il più in fretta possibile. Riguardo all'abbandono dei sette parlamentari, Corbyn ha in seguito affermato: "Sono deluso dal fatto che questi parlamentari non si sentano più in grado di continuare a lavorare insieme per quelle battaglie laburiste che hanno coinvolto milioni di elettori alle ultime elezioni".

Corbyn ha inoltre negato ogni tipo di tolleranza nei confronti dell'antisemitismo che molti vedono serpeggiare all'interno dei labour, nonostante i frequenti ed espliciti contatti tra il segretario ed il mondo dell'attivismo politico palestinese ed iraniano e nonostante lo stesso Corbyn abbia più volte affermato la legittimità del criticare lo stato di Israele.

Già lo scorso settembre infatti l'ex rabbino capo del Regno Unito Johnatan Sacks aveva auspicato una fuga degli ebrei dal paese nel caso alle prossime elezioni generali fossero saliti i laburisti al governo.

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