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L'Arabia riapre la guerra dell'islam

Giustiziate 47 persone, tra cui un leader sciita. L'Iran: la pagherete

L'Arabia riapre la guerra dell'islam

La più sacra delle terre dell'islam ha confermato di essere l'epicentro della guerra intestina millenaria tra i fedeli di Allah. Ieri l'Arabia Saudita ha annunciato di avere eseguito una pena capitale di massa, mettendo sullo stesso piano 43 «terroristi» sunniti di Al Qaida, compreso il loro capo in territorio saudita, Fares al Shuwail, e 4 oppositori «sovversivi» sciiti, tra cui spicca l'imam Nimr al-Nimr, che aveva capeggiato la protesta della minoranza islamica, pari al 5% della popolazione, tra il 2011 e il 2014. Durissima la reazione dell'Iran, il Paese dove gli sciiti rappresentano il 90% della popolazione. A Teheran il ministero degli Esteri ha promesso che l'Arabia Saudita pagherà «a caro prezzo» l'esecuzione di al-Nimr. L'ayatollah Ahmad Khatami, membro dell'influente Assemblea di esperti, ha definito «criminale» la famiglia reale saudita, sostenendo: «Questo sangue puro macchierà la casa dei Saud e li spazzerà via dalle pagine della storia».

Numerosi manifestanti hanno protestato contro l'esecuzione: a Mashhad, città religiosa nella zona nord-orientale dell'Iran, hanno dato fuoco al consolato saudita. In tarda serata, sarebbe stata attaccata l'ambasciata dell'Arabia saudita a Teheran: diversi giornalisti iraniani hanno pubblicato su twitter foto e filmati in cui si vedono molotov lanciate contro l'edificio, in fiamme. Alcuni manifestanti sarebbero penetrati nella sede diplomatica per saccheggiarla. Riad ha convocato l'ambasciatore iraniano e accusato Teheran di aver tenuto un comportamento «vergognoso». Pesanti reazioni anche negli altri tre Paesi dell'area dove gli sciiti sono maggioranza. L'imam Moqtada al-Sadr, massima autorità sciita dell'Irak, ha lanciato un appello: «Chiedo agli sciiti dell'Arabia Saudita di mostrare coraggio nella risposta, anche con manifestazioni pacifiche, e lo stesso per gli sciiti nel Golfo, come deterrente per l'ingiustizia e il terrorismo di governo in futuro». In Libano, Hezbollah ha condannato «l'omicidio» dell'imam al-Nimr. In Bahrain la polizia è intervenuta con i gas lacrimogeni per disperdere la folla.

Dal comunicato emesso dal ministero dell'Interno saudita, emerge innanzitutto che l'insieme delle condanne a morte sono state inflitte sulla base della legge islamica del qisas, della vendetta, del contrappasso o del taglione. Che viene legittimata dal versetto 33 della Sura 5 del Corano: «La ricompensa di coloro che fanno la guerra ad Allah e al Suo Messaggero e che seminano la corruzione sulla terra è che siano uccisi o crocifissi, che siano loro tagliate la mano e la gamba da lati opposti o che siano esiliati sulla terra: ecco l'ignominia che gli toccherà in questa vita; nell'altra vita avranno castigo immenso». Lo stesso versetto del Corano era stato menzionato nel video con cui il 3 febbraio 2015 i terroristi dello «Stato islamico» dell'Isis hanno legittimato l'atroce uccisione del pilota giordano musulmano Muaz Kassasbe, arso vivo in una gabbia, sempre nel nome della legge islamica della vendetta.

Di fatto abbiamo la conferma che sia uno Stato islamico che il mondo considera «moderato», sia i terroristi islamici che il mondo denuncia come «estremisti», attingono dalla stessa fonte del Corano.Nel comunicato ufficiale saudita, si evidenzia che queste condanne a morte si basano sull'adesione del Regno «al Libro di Allah e alla Sunna (la raccolta dei detti e dei fatti) del suo Messaggero, che sin dalla sua nascita sono stati assunti come propria Costituzione e Ordinamento». Per un altro verso il comunicato elenca una lunga serie di attentati compiuti tra il 2003 e il 2006 che danno il quadro di un Paese sconvolto da una guerra interna scatenata dal terrorismo islamico. Si denunciano attentati realizzati contro palazzine in centri residenziali, le sedi del ministero dell'Interno, delle Unità di pronto intervento e della motorizzazione, il consolato degli Stati Uniti a Gedda, la raffineria di Beqiq, le sedi di due società petrolifere, l'assalto a banche e centri commerciali che hanno fruttato un ingente quantitativo di denaro che è stato riciclato per finanziare il terrorismo. Così come si denuncia il progetto di avvelenare gli acquedotti e di far esplodere le infrastrutture petrolifere che sono presenti nella regione nord-orientale popolata dagli sciiti.

Sempre ieri l'Arabia Saudita ha annunciato la fine del cessate il fuoco in vigore dal 15 dicembre in Yemen con i ribelli sciiti Houthi, altro fronte di una guerra indiretta con l'Iran. Ma è soprattutto in Siria e in Irak che si deciderà la sorte di questo conflitto tra sunniti e sciiti iniziato alla morte di Maometto nel 632, con ben tre dei primi quattro successori, i «Califfi ben guidati», assassinati da altri musulmani. È singolare che il terrorismo islamico sunnita che l'Arabia Saudita combatte dentro casa propria, è lo stesso terrorismo islamico sunnita che sostiene alle porte di casa sua.

La lezione da trarre è che chi di terrorismo islamico ferisce, di terrorismo islamico perisce.

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