Mondo

Il lato oscuro di Telegram, l'app che piace ai terroristi

La chat inventata di fratelli russi Durov ha raggiunto i 100 milioni di utenti ma tra di loro ci sono diversi gruppi terroristi che la utilizzano per le sue chat cifrate e i canali per la propaganda

Il lato oscuro di Telegram, l'app che piace ai terroristi

Nata per garantire la giusta privacy agli utenti, Telegram sta diventando un covo di terroristi. L’app creata dei fratelli russi Nikolai e Pavel Durov, ha da poco toccato 100 mila utenti e sta via via diventando un serio concorrente a Whatsapp. Ma i suoi punti di forza sono anche le ragioni per cui è così popolare tra gli jihadisti. Rispetto al programma con spunte blu, Telegram permette agli utenti di creare chat cirfrate e inaccessibili agli stessi gestori del servizio. Non solo. Con l’app si possono anche di creare dei “canali” ai quali gli utenti si possono iscrivere per ricevere aggiornamenti. Ed è su queste due direttrici che si gioca la presenza degli jihadisti nell’app dei Durov.

Il programma ha visto un boom in autunno e un apice durante gli attentati di Parigi del 13 novembre. Al ridosso dei fatti che hanno sconvolto la capitale francese i due fondatori hanno provvisto a chiudere circa 78 canali legati all’Isis, ma ovviamente questo non è bastato a fermare la propaganda. Se non esistono account con il nome “Isis” o “Califfato”, ci sono invece una miriade di prodotti simili. Dall’ ”armata dei figli del califfato” a profili più o meno inneggianti al jihad. Ci sono informazioni da Siria e Iraq ma anche dal nord della Libia. I contenuti sono dei più vari. Dai video con i roghi dei libri cristiani a Mosul, in Iraq, fino alle decapitazioni dei prigionieri. Non solo. In alcuni casi i canali sono diventati anche organi ufficiali delle organizzazioni terroristiche come nel caso di al-Qaeda. La formazione qeadista infatti ha usato l’app per rivendicare l’attentato compiuto a Ouagadougou in Burkina Faso pubblicando le foto degli attentatori. Poi avrebbe confermato attraverso l’app la liberazione di un ostaggio australiano lo scorso 6 febbraio e da ultimo rivendicato i recenti attacchi ai resort in Costa d’Avorio. Come nel caso dei profili su twitter, i canali si stanno moltiplicando velocemente. Per un canale chiuso ce ne sono pronti altri cinque al suo posto. Spesso i contenuti sono gli stessi, cambia solo il nome. In altri casi sono “bot” dei sistemi automatici che prendono i contenuti di piccoli canali per poi rimettere in circolo le informazioni.

Ma l’altra grande arma del gruppo sono le chat criptate. La logica dietro il funzionamento della chat cifrata è la “end-to-end encryption”, la chiave per decifrare il messaggio è presente solo sui due dispositivi che comunicano, mentre chi fornisce il servizio, e il server per immagazzinare l’informazione, non può in alcun modo conoscere il contenuto della chat. In questo modo i terroristi possono comunicare sapendo che la loro conversazione non può essere decifrata. A dimostrazione di questo i due fratelli un anno fa hanno messo in palio 300 mila dollari di premio a chi fosse stato in grado di superare il sistema di codifica dell’app, ma in tre mesi nessuno è riuscito nell’impresa.

Viene spontaneo chiedersi se sia possibile o meno porre un freno a questo fenomeno. Difficile, anche perché in linea generale l’app non è proibita, come spiega il professor Giovanni Ziccardi docente di Informatica Giuridica dell’Università degli studi di Milano: «La app non è contro la legge e quindi liberamente utilizzabile. Un eventuale provvedimento dell’autorità che vietasse l’app sarebbe tendenzialmente inutile, perché porterebbe soltanto alla migrazione degli utenti verso un servizio simile». Anche i canali rientrano nella logica dell’utilità continua Ziccardi: «Telegram è con i suoi canali è un “luogo” molto frequentato. e provvedimenti di chiusura dei canali azzerano i contatti ma non rappresentano una soluzione definitiva o percorribile per limitare tali attività». Molti terroristi hanno lentamente abbandonato twitter perché Telegram offriva chat segrete impossibili da intercettare, ma ovviamente non è da escludere una nuova migrazione digitale. «Non esiste solo Telegram, sono tanti gli strumenti che permettono di usare chat cifrate» conclude Ziccardi, «Queste tecnologie hanno una vita molto breve. Sono una moda.

Ora è il momento di Telegram quando l’attenzione su quest’app sarà eccessiva è probabile i terroristi e i loro sostenitori migrino verso tecnologie più sicure».

Commenti