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L'Europa pensa ad un proprio arsenale nucleare

La Germania spinge per una revisione della postura nucleare radicata nel regime di condivisione nucleare della Nato che collega la sicurezza dell'Europa all'arsenale Usa.

L'Europa pensa ad un proprio arsenale nucleare

45.000 soldati provenienti dagli Stati Uniti e da 23 paesi della Nato, saranno impegnati complessivamente nelle manovre militari in Europa orientale e nella regione del Mar Nero durante la stagione estiva.

Non ci aspettiamo di certo un’imminente invasione – ha spiegato dalla base aerea di Bezmer, in Bulgaria, il comandante di Eucom, il generale Ben Hodges - ma capiamo i timori dei paesi con che confinano con la Russia.

Alla Saber Guardian, la più grande delle manovre militari nella regione del Mar Nero, partecipano 14 mila soldati statunitensi e undicimila truppe provenienti da Armenia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Germania, Croazia, Georgia, Grecia, Ungheria, Lituania, Macedonia, Repubblica di Moldova, Montenegro, Paesi Bassi, Polonia, Romania, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Turchia, Ucraina e Regno Unito. Le manovre, iniziate lo scorso undici luglio, si concluderanno oggi.

All’esercitazione navale Sea Breeze, organizzata da Ucraina e Stati Uniti nella parte nord ovest del mar Nero, prendono parte 17 paesi, 31 unità navali, 29 aerei e più di 3mila soldati. Partecipano Stati Uniti, Belgio, Canada, Bulgaria, Regno Unito, Grecia, Georgia, Italia, Lituania, Norvegia, Polonia, Romania, Turchia, Ucraina, Francia e Svezia. Iniziata lo scorso dieci luglio, si concluderà sabato prossimo.

Le batterie Patriot schierate in Lituania per la Tobruk Legacy, che si concentra sulla difesa anti-aerea e missilistica a lungo raggio, saranno rimosse la prossima settimana dalla base aerea di Siauliai. Lituania, Lettonia ed Estonia possiedono solo sistemi anti-aerei a corto raggio, esprimendo a più riprese preoccupazione per la difesa a lungo raggio in caso di ostilità con la Russia.

Dal 14 al 20 settembre prossimo, infine, Russia e Bielorussia daranno il via alla Zapad 2017. Secondo il Ministero della Difesa russo, “la Zapad 2017 interesserà tutta la Russia nord-occidentale e la Bielorussia con l'impiego di un numero considerevole di personale e di attrezzature almeno della stessa portata di quelle in corso da parte della Nato in Europa”.

La Zapad 2017 è ritenuta la più grande esercitazione militare russa dopo la disgregazione dell'Unione Sovietica.

Dopo il crollo dell'Urss nel 1991, Russia e Bielorussia hanno dato il via alle manovre strategiche combinate denominate Zapad nel 1999, nel 2009 e nel 2013. Quella del prossimo settembre sarà la prima dopo il deterioramento delle relazioni con la Nato a seguito della crisi in Ucraina. Fino ad oggi, le esercitazioni hanno previsto operazioni difensive/offensive in uno scenario guidato dall'intervento statunitense / Nato contro la Bielorussia. La Zapad di quest'anno si terrà in due fasi, con culmine delle operazioni lanciate da sette basi militari russe. Durante la Zapad 2017 saranno probabilmente testate le lezioni apprese dalla Russia sui conflitti in Ucraina e Siria.

Secondo il Ministro della Difesa della Bielorussia, saranno coinvolti complessivamente 12.700 soldati.

“Circa 10.200 truppe saranno coinvolte nel territorio del nostro paese, tra cui 7.200 militari delle forze armate bielorusse e circa 3.000 soldati della Federazione Russa”. Anche nel 2013 il numero pubblicamente dichiarato era di dodici mila soldati, ma per la Nato le truppe schierate superavano le novantamila unità.

Negli Stati Uniti, intanto, continua il dibattito sulle forze che dovrebbero essere basate permanente in Europa. La presenza statunitense è stata ridotta in maniera drastica dopo che l'amministrazione Obama ha adottato nel 2012 una strategia rivolta verso l'Asia, eliminando due brigate pesanti dall’Europa e lasciandone una leggera ed una di fanteria. Le priorità dovevano essere rivalutate sulla scia della Crimea. Attualmente, gli Stati Uniti schierano in rotazione di nove mesi una brigata pesante ed una aerea da combattimento.

Le forze Nato sul Baltico

Le attuali forze della Nato sul territorio Baltico non rappresentano una minaccia credibile per la Russia. Nei giochi di guerra della Rand è stata dimostrata l’inadeguatezza dell’Alleanza contro un’offensiva russa sui Pasi Baltici (che non avverrà). In nessun contesto simulato, le attuali forze della Nato sono state in grado di mantenere le capitali come Tallin o Riga per più di 60 ore. In diverse simulazioni, la Nato è stata sconfitta in 36 ore. Un’offensiva russa lascerebbe poche opzioni agli Stati Uniti (il ricorso al nucleare sarebbe inevitabile), travolto l’attore strategico dominante in Europa centrale. Sarebbe un fallimento di quasi 75 anni di sforzi bipartisan americani per sostenere la sicurezza in Europa. Il requisito minimo per la deterrenza e la negazione lungo i confini della Nato con la Russia, è quello di garantire delle permanenti azioni strategiche.

Sarebbero necessarie sette brigate indipendenti, tre delle quali pesanti, supportate da artiglieria ed aviazione. Per essere efficaci, le brigate dovranno essere già presenti in Europa. E’ una forza che dovrebbe essere in grado di arrestare la principale forza d’invasione russa stimata in almeno cinquanta battaglioni tattici. Con sette brigate, la Nato sarebbe in grado di difendere i Paesi Baltici per un massimo di 28 giorni.

Tuttavia, la forza delle sette brigate non sarebbe sufficiente per resistere a tempo indeterminato contro le preponderanti forze russe. Il contrattacco della Nato dovrà quindi basarsi su una forza di ulteriori 14 nuove brigate indipendenti. Tale forze è ritenuta in grado di ripristinare il terreno perduto e respingere i russi fino alle loro linee iniziali. Parliamo quindi di 21 brigate. Le sette brigate della Nato dovranno essere schierate in Europa, poiché è impossibile credere che possano essere ridistribuite in tempo di guerra, considerando che le attuali forze non sarebbero in grado di sostenere un attacco ad est del fiume Oder, mentre le principali unità degli Stati Uniti sono localizzate nella Germania sud-occidentale, a più di 1.000 miglia dalla probabile zona di combattimento. Qualsiasi tentativo di supportare logisticamente e rivitalizzare le forze della Nato da quella distanza sarebbe impossibile.

La Nato non sarebbe in grado di spostare e supportare grandi formazioni di combattimento lungo il suo confine orientale ed in particolare in tutti e tre gli Stati Baltici. I giochi di guerra della Rand dimostrano che la Nato dovrebbe essere riorganizzata e strutturata su 21 brigate indipendenti, organizzate in tre corpi d’armata. Secondo le attuali capacità, gli Stati Uniti sarebbero in grado di fornire fino a 12 brigate indipendenti (a costi esorbitanti). La deterrenza minima concepita per difendere realmente gli Stati Baltici richiede una forza di sette brigate, tre delle quali corazzate. Le quattordici brigate supplementari sarebbero necessarie per contrattaccare e respingere le forze russe.

Eurodeterrenza

L'incertezza sul sostegno statunitense nella Nato e la ripartizione degli oneri fra gli alleati, continua a sollevare questioni riguardo al futuro del regime di condivisione nucleare. Mentre la riaffermazione dell'impegno statunitense all'articolo 5 (clausola di reciproca difesa), potrebbe aver temporaneamente placato gli alleati, rimangono intensi sentimenti di insicurezza tra gli europei.

La Germania, ad esempio, spinge per una revisione della postura nucleare radicata nel regime di condivisione nucleare della Nato e che collega la sicurezza europea all'arsenale degli Stati Uniti. Temendo che Trump, un giorno, possa chiudere l'ombrello nucleare a protezione dell'Europa, il dibattito sull’Eurodeterrenza continua.

L’idea sarebbe quella di collocare l’arsenale nucleare della Francia sotto comando europeo a difesa del continente. Con l’uscita della Gran Bretagna, la Francia è l’unica potenza nucleare dell’Unione Europea. Se un tale piano venisse mai approvato, condiviso e finanziariamente approvato (sarebbero necessari asset in grado di sopravvivere alla griglia di difesa russa), innescherebbe una escalation senza precedenti nella potenza militare collettiva dell’Europa.

L'arsenale strategico dell'Europa

L’idea di una Europa equipaggiata con un arsenale strategico collettivo circola da tempo, ma è ritornata in auge negli ultimi mesi, complice anche la nuova linea politica della Casa Bianca. In Germania ad esempio, dove è forte il sentimento antinucleare, la questione ha innescato un dibattito pubblico con posizioni condivise in Polonia ed Ungheria. Lo scorso novembre, Roderich Kiesewetter, portavoce dei Cristiano-democratici tedeschi, ha affermato che l’opzione nucleare europea dovrebbe essere strutturata sugli arsenali esistenti di Gran Bretagna e Francia. Attualmente, le sei basi della Nato (Belgio (Kleine Brogel AB), Germania (Buchel AB), Italia (Aviano e Ghedi AB), Paesi Bassi (Volkel AB), e Turchia (Incirlik AB) ospitano circa 180 bombe nucleari americane B61 Mod-3,-4,-7,-10. Le basi italiane di Ghedi ed Aviano dovrebbero ospitare complessivamente dalle 30 alle 50 bombe nucleari B61.

La bomba nucleare B61-12 è stata progettata per essere trasportata dal caccia tattico F-35. Le 180 testate B61 dislocate nelle sei basi in Europa, secondo il concetto politico della condivisione nucleare, saranno riconvertite alla versione Mod-12 entro il 2018. Quelle 180 testate, più che una forza di reazione rapida (non sarebbero sufficientemente potenti per decapitare la linea di comando nemica, mentre il concetto scalare è prettamente letterale) dovrebbero rappresentare un deterrente strategico ritenuto in grado di dissuadere anche gli stessi alleati dallo sviluppare armi nucleari fatte in casa. Vanno quindi intese come una garanzia politica degli Stati Uniti, che ne detengono la proprietà e la discrezionalità, a protezione dell’Europa. L’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord è stata concepita per supportare logisticamente la presenza in Europa degli Stati Uniti. Parliamo di una strategia che proviene direttamente dalla guerra fredda.

Secondo Kiesewetter, l’Eurodeterrenza dovrebbe essere concepita come un programma parallelo a quello statunitense. La Francia, ad esempio, dovrebbe impegnare il proprio arsenale nucleare nella difesa comune europea. Il programma dovrebbe essere finanziato nella quasi totalità dalla Germania. Si dovrebbe creare un apposito comando strategico europeo ed ottenere la disponibilità dei paesi membri nell’ospitare le testate francesi. Secondo la visione tedesca, la capacità nucleare dell’Europa sarebbe cruciale per garantire la sua integrità interna ed internazionale.

L’Eurodeterrenza prospettata da Kiesewetter aveva l’obiettivo di innescare un dibattito a livello europeo, anche se non mancano i simpatizzanti in seno alla Nato. In termini pratici, la deterrenza nucleare europea, oggi sotto egida statunitense, passerebbe alla Francia che, tuttavia, non ha mai manifestato la volontà di condividere il proprio arsenale atomico definendo tali pensieri come “politicamente rischiosi e strategicamente inutili”. Le ricadute politiche sarebbero imprevedibili. L’Eurodeterrenza, potrebbe anche comportare il ridimensionamento della componente strategica statunitense.

Nella remota ipotesi di una guerra, le testate francesi (secondo l’Eurodeterrenza) dovrebbero colpire la Russia a difesa degli Stati Baltici. Parigi, tuttavia, ha sempre ribadito la sovrana discrezionalità nell’impiego delle armi nucleari, per lo più schierate sui sottomarini strategici. L’Eurodeterrenza si baserebbe quindi sulle piattaforme francesi, missili da crociera, equipaggiate con tali asset tattici. Un numero certamente minore rispetto alle 180 testate americane attualmente presenti in Europa.

Qualora scoppiasse un conflitto in Europa, ad essere quasi certamente colpite dalle testate nucleari russe sarebbero proprio gli Stati Uniti a cui è demandata la copertura strategica. Un ragionamento tollerato dagli americani durante la guerra fredda, ma non più condiviso oggi, a causa della diversa postura strategica della Russia che non è più l’Unione Sovietica, all’epoca avversario ideologico e globale per gli Stati Uniti.

Riallineare le priorità della Nato

Fin dalla creazione della Nato, gli Stati Uniti hanno dominato il processo decisionale, investendo la maggior parte delle risorse e delle forze a protezione della sicurezza continentale su asset convenzionali e nucleari. Francia e Gran Bretagna hanno creato le proprie forze nucleari, ma probabilmente sarebbero state riluttanti a lanciare testate atomiche contro l’Unione Sovietica, lasciando agli Stati Uniti tale prerogativa. In uno studio dello scorso anno per il Consiglio Atlantico, si afferma che “al fine di impedire la minaccia nucleare russa, la Nato deve riallineare le sue priorità, considerando eventuali modifiche alla sua postura convenzionale e nucleare. La Nato deve contrastare la coercizione nucleare insita nella strategia di guerra ibrida della Russia”. Quello studio, interpretato volutamente in modo ambiguo, rilevava l’impellente necessità di modificare la postura della Nato. La struttura di base della Nato non è cambiata dal crollo dell’Unione Sovietica nel 1991. E’ semplicemente cresciuta fino ad includere gli ex stati satelliti sovietici e gli Stati baltici. Il motivo dietro l’espansione era quello di inglobare questi paesi nel quadro del sistema di difesa occidentale, al fine di dare loro fiducia nella loro indipendenza, così da contribuire a sostenere lo sviluppo delle democrazie. L’Europa di oggi non sta lottando per riprendersi dalla seconda guerra mondiale, mentre le sue capacità militari complessive dovrebbero essere alla stregua degli Stati Uniti. L’area di responsabilità della Nato è principalmente focalizzata sull’Europa, ma non vi sono guerre (nel senso stretto del termine) in questa zona. L’intervento russo in Ucraina avrebbe dovuto innescare un’inversione di tendenza per la Nato, ma la costante preoccupazione espressa dai paesi membri dell’Alleanza non si è riflessa nella spesa per la Difesa. In realtà, sia l’Ucraina con lo spauracchio di scenario bellico moderno, ma convenzionale, sia lo Stato islamico ed il suo contesto prettamente asimmetrico che la cyber difesa, rappresentano minacce reali per la sicurezza europea e per la Nato. La Nato non può più definire come sua ragion d’essere la protezione dell’Europa dall’invasione russa, né considerare gli Usa come il garante della sicurezza in Europa a costo zero. Gran Bretagna e Francia possiedono armi nucleari, ma potrebbero non impiegarle a difesa degli altri stati. Tale postura verrebbe certamente riscritta qualora gli Stati Uniti affidassero la copertura strategica dell’Europa agli europei. Tutto dipende dalla percezione degli Stati Uniti, bersaglio primario della rappresaglia russa in caso di guerra con l’Europa.

Sarebbe opportuno ricordare l’intervento del Segretario alla Difesa Jim Mattis nel suo primo discorso dinanzi i 28 membri della Nato.

“Gli Stati Uniti rispetteranno gli obblighi in seno alla Nato, ma potrebbero ridimensionare il loro impegno nei confronti di quei membri europei che non avranno messo in atto un piano per raggiungere la soglia del 2% per la spesa militare. La Nato resta un asset essenziale per gli Stati Uniti e per tutta la comunità transatlantica, tuttavia nonostante le minacce provenienti da est e sud, non siamo riusciti a colmare le lacune nella nostra forza di reazione. Tutti coloro che beneficiano della miglior difesa del mondo, dovranno garantire la rispettiva quota proporzionale ed il costo necessario per difendere la libertà. Non dimentichiamoci che la Nato difende la libertà”.

Eurodeterrenza: l'incertezza credibile

Le politiche protezionistiche e isolazioniste di Trump potrebbero aver allargato la divisione diplomatica tra i due continenti, ma l'Alleanza stessa non è in pericolo. Trump ha approvato l'articolo 5 anche se in modo meno ideale. I consiglieri del Presidente degli Stati Uniti sono convinti sostenitori della Nato e comprendono il valore dell'Alleanza, incluso il suo accordo di condivisione nucleare. In ogni caso, l’Europa non ha un piano alternativo all’ombrello nucleare Usa, poiché (ragionando per assurdo) lo stesso arsenale strategico della Francia condiviso (che andrebbe modernizzato per superare le difese russe), sarebbe troppo piccolo per scoraggiare Mosca. Poiché la deterrenza esiste nella mente dell’avversario che deve credere con una ragionevole certezza di subire danni inaccettabili, l’Europa non avrebbe altra scelta che sviluppare ulteriori capacità strategiche (tattiche o strategiche?). Innumerevoli i punti oscuri come il consenso politico sui protocolli di impiego per le testate nucleari (attacco preventivo o rappresaglia), la condivisione militare nella scelta dei target, la linea decisionale e la ripartizione del budget per finanziare i nuovi asset (quali nazioni le ospiteranno diventando target?) e mantenerli in costante stato di pronto al combattimento.

Rimanere sotto l'ombrello nucleare statunitense e nell'ambito del regime di condivisione nucleare della Nato è preferibile a qualsiasi altra opzione per l'Europa.

Tuttavia, i leader europei dovrebbero quantomeno disporre di un piano alternativo condiviso che oggi non esiste (anche puramente accademico) qualora nella remota ipotesi un giorno dovessero essere chiamati ad una risposta senza gli Stati Uniti.

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