Mondo

Libia, tutte le mosse sbagliate dell'Italia dopo la caduta di Gheddafi

L'import dalla Libia è crollato. Dal 2011 al 2015 abbiamo bruciato 5 miliardi. I Francesi fanno affari con l'Egitto e noi restiamo a guardare

Libia, tutte le mosse sbagliate dell'Italia dopo la caduta di Gheddafi

La Libia presto o tardi potrebbe cadere intereamente nella mani dell'Isis. Una finestra spalancata sul mediterraneo e sull'Italia che pone il nostro Paese a rischi inimmaginabili. L'allerta è scattata. Dopo gli annunci del ministro degli Esteri Gentiloni e la frenata successiva su un'ipotesi di intervento di Matteo Renzi la tensione sulle coste italiane e su quelle libiche è altissima. Ma per capire come ci siamo ritrovati il nemico alle porte bisogna fare un passo indietro. L'Italia fino a qualche anno fa giocava un ruolo di primo piano tra Tripoli e Bengasi. Dopo la caduta di Gheddafi abbiamo perso terreno e controllo sugli affari libici che di fatto sono stati sempre un asset importante per la nostra economia.

Pochi giorni fa, il presidente Hollande e il suo collega egiziano, il generale Al Sisi alla testa del regime che ha liquidato il presidente Morsi e il governo dei Fratelli Musulmani per tornare a una versione aggiornata del regime di Mubarak hanno annunciato insieme che il Cairo acquisterà 24 caccia-bombardieri Rafale, una fregata di tipo Freem, e una panoplia di missili terra-aria e aria-aria prodotti da Mbda. Costo totale dell'operzione: 5 miliardi di euro. Un segnale chiaro che non lascia spazio ad interpretazioni: gli affari il nord Africa li fa con la Francia. L'Italia invece è rimasta a guardare. Finmeccanica è azionista di Mbda, ma gli egiziani preferiscono fare affari direttamente con i francesi. Di fatto Parigi ha già capitalizzato al massimo l'offensiva de Il Cairo contro Tripoli. Ma da noi per ora si fanno solo annunci. Sugli affari con la Libia e con il nord Africa, è inutile negarlo abbiamo perso terreno. Il tutto nel giro di 3 anni e mezzo. Quando il Rais era a Tripoli, l'import italiano ammontava a 12 miliardi di euro scesi poi a 4 miliardi nel 2014. Praticamente in questo momento non arriva nè pertolio nè gas dalla Libia in Italia. L'Eni ha lasciato un presidio sui pozzi e sui giacimenti a terra.

Ma l'Isis è già pronta per mettere le mani su quello che di nostro è rimasto. Dopo la caduta di Gheddafi, i governi successivi a quello del Cav, guidati da Monti, Letta e ora Renzi hanno tentato, ma con scarsi risultati di incrementare il flusso di affari energetici con la Libia per smarcarsi dalla dipendenza da Algeria e Russia. Adesso, grazie alla tmida politica dei governi che sostenenvano la caduta di Gheddafi, saremo costretti ad accrescere la nostra quota di fabbisogno energetico dall'Algeria. Le importazioni italiane dall'Algeria erano scese da nove miliardi di euro del 2012 a 6,2 del 2013. Adesso tutto da rifare. E ovviamante a favore di Algeri. Quella che è mancata a Monti, Letta e Renzi è stata una politica da sviluppare nel lungo periodo nei rapporti col nord Africa. E non abbiamo perso soltanto la Libia, ma anche l'Egitto. L'Italia è il primo cliente terminale dell'export egiziano e il quarto fornitore dopo Cina, Stati Uniti e Germania. I nostri scambi commerciali, come racconta il Mattino, si fermano a 5 miliardi. Potrebbero essere il doppio. Insomma l'addio alla Libia da parte nostra è cominciato con la caduta del Rais.

Adesso per recuperare è forse troppo tardi.

Commenti